lunedì 28 maggio 2018

LA FATA DI SESTOLA (Modena)


Il Mago dice che

Curiosità Modenesi | Le 3 leggende delle creature magiche modenesi

Questa storia è ambientata nel territorio di Sestola,di preciso  presso  Gadella, dove ancora oggi ci sono due vecchi mulini, conosciuti come Pagliai e Sergentino. 
Tanto tempo fa erano azionati dallo scorrere dell'acqua dei torrenti Dogana e Prete. Un tempo c'erano due mugnai, sottoposti ad un lavoro pesantissimo, così assunsero anziani e bambini per setacciare la farina.
Sette di questi bambini erano orfani di madre, e il padre per tirare avanti si sposò con una vicina di casa, che si rivelò una matrigna molto cattiva. Un giorno non riuscirono a setacciare abbastanza farina per guadagnare bene e la sera, per evitare la punizione della matrigna, si nascosero dietro una grossa pietra a forma di conchiglia.
Era la casa di una fata che, sentendoli piangere e lamentarsi, si commosse, e così, preso un setaccio di seta cominciò a setacciare al posto loro, rubando i chicchi di farina la notte prima, e poi setacciandoli per averli pronti l'indomani. I bambini si sorprendevano da soli di tutto il lavoro che ora, senza nessuna fatica, riuscivano a compiere. I mugnai soddisfatti triplicarono loro la paga, e ciò calmo la matrigna. Ancora oggi presso Gadella esiste il masso abitato dalla Fata, e se si accosta l'orecchio alla sua apertura a conchiglia, si sente distintamente il ritmo cadenzato del setaccio che la fata continua ad usare instancabilmente.



















  

giovedì 24 maggio 2018

IL CASTELLO DI GUIGLIA (Modena) E IL MISTERO DEL FIUME D'ORO


Il Mago dice che


Curiosità Modenesi | I castelli modenesi con leggende e personaggi magici

 Un 'antica  leggenda narra che , presso il castello di Guiglia viveva a corte un prode cavaliere che era innamorato della figlia del castellano. 

Il loro amore era segreto. La ragazza venne messa in palio come premio di un torneo, così il cavaliere ne prese parte, ma il rivale lo spinse a terra conquistando il premio ambito. La fanciulla chiese al padre di annullare il torneo e di poter curare il cavaliere ferito, ma in seguito a quella scelta la ragazza scomparve misteriosamente, forse rapita dal vincitore della sfida. Il cavaliere era distrutto dal dolore e le sue condizioni tornarono ad aggravarsi, finché una notte non vide dalla sua finestra una donna che gli pareva la fanciulla amata. Senza pensarci su corse fuori dal castello tentando di raggiungerla, ma lei si disperse nella foresta lasciando dietro di sè una scarpetta d'oro sulla riva del fiume. Il cavaliere non seppe mai che si trattava di una fata, e rimase a fissare il fiume che cambiava colore diventando color ruggine a causa della scarpetta magica.

 Ancora oggi, l'erba ai bordi del fiume è macchiata di un color ruggine.




















  

domenica 20 maggio 2018

I BAMBINI INDACO


Il Mago dice che


Sarebbero dei bambini particolarmente dotati di alcune qualità , come l'empatia , e che sarebbero addirittura a salvare e migliorare l'umanità.

L'idea dei bambini indaco è stata lanciata alla fine degli anni 70 del secolo scorso dalla psicoloca statunitense Nancy Ann Tappe, secondo la quale lindaco è il colore dell'aura che circonda questi bimbi.
l'aura è una sorta di alone visibile solo ad alcune persone che, a seconda del colore, individuano le caratteristiche di ogni individuo.
Nancy Ann Tappe sosteneva di vedere questa aura e pubblicò un libro di successo .
A trasformare i bimbi indaco in una e vera e propria teoria , sono stati in seguito ,i 2 parapsicologi statunitensi Lee Carrol e la moglie Jan Tober , che alla fine degli anni 90 hanno comonciato a pubblicare libri nei quali hanno specificato le caratteristiche di questi bimbi geniali ma ribelli.
Da loro ha preso via una scuola di pensiero che continua ad attirare sempre più seguaci, pur essendo ancora ascentifica.

CARATTERISTICHE DEI BAMBINI INDACO

Nel vasto panorama della letteratura New Age si trovano numerose diverse descrizioni dei bambini indaco. Quella più influente, sviluppata da Carroll e Tober, presenta i bambini indaco come dotati di grande empatia, curiosità, forza di volontà, e una spiccata inclinazione spirituale. Sono anche descritti come molto intelligenti, intuitivi, e insofferenti nei confronti dell'autorità. Carroll e Tober sostengono che quest'ultima caratteristica è uno dei motivi per cui i bambini indaco sono generalmente percepiti come problematici nel sistema scolastico tradizionale.I loro testi sui bambini indaco si collocano anche in una posizione critica nel dibattito sulla controversapatologia  infantile nota come sindrome  da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) , e sulla sua cura farmacologica. Carroll e la Tober sostennero che questi bambini, classificati dalla medicina  come affetti da ADHD, erano, secondo loro, bambini particolarmente dotati, bisognosi di attenzioni particolari sul piano spirituale e non di cure mediche. 











  

venerdì 18 maggio 2018

STORIE DI STREGHE


Il Mago dice che

Oggi alle streghe non ci crede più nessuno, si sente dire spesso ma... tutta quella miriade di presunti cartomanti, maghi, veggenti, guaritori, esorcisti, come li vogliamo chiamare? Qualcuno direbbe ciarlatani, loro si definiscono "operatori dell'occulto", mia nonna li chiamerebbe "striii e starion ". E streghe furono chiamate nei secoli, tutte quelle persone, generalmente donne che si pensava avessero a che fare con il demonio e praticassero le arti magiche. Se negli anni ottanta erano solo i maschi a doversi preoccupare davanti all'aggressivo grido delle femministe "Tremate, tremate, le streghe son tornate!", fino agli inizi del secolo la gente ci credeva alle streghe, eccome, soprattutto nelle campagne, dove ancora i possono udire storie di strani personaggi dediti alla stregoneria.
 Nel riminese si conoscono un paio di streghe vissute nei secoli addietro e citate da scrittori dell'epoca, ma se andassimo a scavare nei ricordi e nelle dicerie della gente contadina... troppe storie di presunte streghe  e strigoni verrebbero alla luce, assieme anche a qualche indirizzo di casolare tuttora "abitato ". Il poeta latino Orazio in una delle sue opere racconta  di un atroce sortilegio, perpetrato ai tempi suoi da quattro temibili donne riconosciute come streghe, ai danni di un povero bambino a cui vennero inflitti crudeli supplizi. Sotterrato fino al mento, venne lasciato morir di fame mentre le perfide Canidia, Veia, Sàgana e la riminese Foglia, mescolavano i loro demoniaci intrugli in un pentolone e si divertivano a porre sotto il naso della piccola vittima sacrificale i piatti più succulenti, per aumentarne la sofferenza. Questo esemplare rito di cattiveria fu portato a termine semplicemente per riconquistare gli uomini perduti. Roba da vere figlie del demonio. Di un'altra presunta strega riminese chiamata Vaccarina e bruciata sul rogo nel 1587, si legge in una cronaca del tempo. Di lei non si sa niente, tranne che era vecchia quando morì tra le fiamme, giustiziata per stregoneria nella pubblica piazza. Diciotto anni dopo, a Cesena si svolse un processo per stregoneria ai danni di una misteriosa donna di Rimini che secondo una testimone del luogo, tale Francesca Medri, dopo uno strano rito aveva fatto apparire davanti ai suoi occhi il demonio, sotto forma del famigerato caprone nero. Spostandoci nelle campagne tra Santarcangelo e Sogliano, lungo la Valle dell'Uso, scopriamo una storia di stregoneria molto più recente, appartenente ai nostri decenni. A Ponte Uso, c'era una vecchia che si diceva facesse le cosiddette fatture e lavorasse con il demonio, tant'è vero che possedeva il famoso libro del diavolo e quando questa donna morì, consegnò il libro proibito al suo successore perché continuasse al posto suo le pratiche di magia nera. Si dice che nel momento del trapasso, i coppi del tetto della casa della vecchia, saltarono via cosicché il diavolo poté uscire e lei morire in pace. Curadòr continuò il lavoro ma solo a metà, le fatture lui non le faceva, le guastava soltanto. Ancora oggi a Ponte Uso vive e opera uno "stregone", molti abitanti della zona e non solo, si recano a fargli visita sperando in una soluzione ai propri problemi. 




















































mercoledì 9 maggio 2018

LA FAVOLA DEI DUE LUPI


Il Mago dice che

Un giorno un bimbo disse rivolgendosi al nonno :
“Nonno, perché gli uomini combattono?”
Il vecchio, gli occhi rivolti al sole calante, al giorno che stava perdendo la sua battaglia con la notte, parlò con voce calma:
“Ogni uomo, prima o poi, è chiamato a farlo. Per ogni uomo c’è sempre una battaglia che aspetta di essere combattuta, da vincere o da perdere. Perché lo scontro più feroce è quello che avviene fra i due lupi.”
“Quali lupi, nonno?”
“Quelli che ogni uomo porta dentro di sé.”
Il bambino non riusciva a capire. Attese che il nonno rompesse l’attimo di silenzio che aveva lasciato cadere fra loro, forse per accendere la sua curiosità. Infine il vecchio, che aveva dentro di sé la saggezza del tempo, riprese con il suo tono calmo.
“Ci sono due lupi in ognuno di noi. Uno è cattivo e vive di odio, gelosia, invidia, risentimento, falso orgoglio, bugie, egoismo.”
Il vecchio fece di nuovo una pausa, questa volta per dargli modo di capire quello che aveva appena detto.
“E l’altro?”
“L’altro è il lupo buono. Vive di pace, amore, speranza, generosità, compassione, umiltà e fede.”
Il bambino riprese a pensare un istante a quello che il nonno gli aveva appena raccontato. Poi diede voce alla sua curiosità e al suo pensiero.
“E quale lupo vince?”
Il vecchio Cherokee si girò a guardarlo e rispose con occhi puliti.
“Quello che nutri di più.”
























  

martedì 1 maggio 2018

LA STORIA DEL 1° MAGGIO


Il Mago dice che

UN PO DI CONSAPEVOLEZZA ( anche questa è magia )  ....

La storia del Primo Maggio, il giorno della festa dei lavoratori, è quasi sconosciuta alla maggior parte delle persone. All’origine dei festeggiamenti c’è il grande movimento di lotta che negli anni ‘80 del XIX secolo che ha mobilitato milioni di lavoratori in America ed in Europa per la conquista delle otto ore lavorative, e non solo.

A partecipare furono soprattutto le organizzazioni dei lavoratori, che si sono battute per le “Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire”. E’ questo infatti lo slogan usato nelle manifestazioni. Si è aperta così la strada a rivendicazioni generali e alla ricerca di un giorno, il Primo Maggio, in cui tutti i lavoratori potessero incontrarsi per esercitare una forma di lotta e per affermare la propria indipendenza.

Ma gli avvenimenti di quelle giornate di lotta per chiedere la giornata lavorativa di otto ore, si sono concluse tragicamente. Una feroce ondata repressiva si è abbattuta contro le organizzazioni sindacali e politiche dei lavoratori, fino al punto che la polizia ha sparato sui dimostranti causando numerosi morti e feriti. Il ricordo dei “martiri di Chicago” è diventato simbolo di lotta per le otto ore e in questa giornata, si rivive una scommessa vinta dai movimenti dei lavoratori.

In Italia la prima commemorazione della Festa del Lavoro c’è stata nel 1891. Con l’avvento del fascismo, Mussolini ha deciso di abolirne le celebrazioni e ha stabilito la data del 21 aprile (Natale di Roma) per festeggiare “il lavoro italiano e non quello inteso in senso astratto e universale”.

Nel 1945, con la Liberazione, il Primo Maggio è tornato a coincidere con la festa del lavoro. Delle celebrazioni in epoca repubblicana resta memorabile per la sua tragicità quella del 1947 a Portella delle Ginestre, nelle campagne del palermitano, dove, durante una manifestazione di braccianti, i banditi di Salvatore Giuliano hanno spararato sulla folla uccidendo 50 persone.

Oggi, dopo oltre un secolo, la festa del Primo Maggio si presenta come un’occasione per ribadire la centralità del lavoro nella vita della democrazia, per estendere i diritti degli uomini e delle donne e fare avanzare ovunque le prospettive di progresso sociale. Il sindacato italiano si batte da sempre per difendere la democrazia ed avere in Italia più sviluppo e maggiore competitività.