domenica 30 gennaio 2011

I GIORNI MAGICI DELL'ANNO (Da Gennaio a Giugno)



Il Mago dice che:
I giorni magici da luglio a dicembre puoi trvarli all'indirizzo



IL CAPODANNO
(1 Gennaio)






Indipendentemente dalla sua collocazione sul calendario , il primo giorno dell'anno si celebra per tradizione , in prossimità dei 12 mesiche verranno.
E' da notare che la celebrazione del capodanno i 1° Gennaio è relativamente moderna.
Nell'antica Babilonia si celebrava nei mesi di Marzo e Aprile , in egitto era collegato all'annuale inondazione del Nilo .
Fino all'introduzione del calendario gregoriano nel 1752, il nuovo anno in Gran Bretagna e in Irlanda , cominciava nel mese di Marzo.

Superstizioni riguardo al capodanno

  • Tasche vuote o un armadio vuoto il giorno del capodanno sono presagio di miseria per tutto l'anno.
  • Per fare entrare la fortuna in casa l'ultimo dell'anno bisogna aprire la finestra qualche minuto prima di mezzanotte.
  • In alcune zone a Capodanno le donne nn devono andare a fare visita a casa dei parenti perche porterebbe sfortuna, possono andare solo gli uomini.
  •  se il 1° gennaio la prima persona che incontrate per strada è un uomo , vi porterà fortuna ,se è una donna sfortuna.
  • i questo giorno non bisogna lavare i panni, si diceva che si sarebbe lavata via una vita.
  • Per assicurarsi lavoro per tutto l'anno bisogna lavorare unpo il giorno di Capodanno



L'anno vecchio se ne va e mai più non tornerà.
Io gli ho dato una valigia di capricci e impertinenze
e gli ho detto:"Porta via, questa è tutta roba mia".
Anno nuovo avanti , avanti!
Ti fan festa tutti quanti.
Tu la gioia e la salute
porta ai cari genitori
ai parenti e agli amici;
rendi lieti tutti i cuori.
Desser buono ti prometto,
anno nuovo e benedetto.  
  





 











L'EPIFANIA
(6 Gennaio)








Nella notte tra il 5 e il 6 Gennaio , Madre Natura esausta per l'energia spesa durante l'anno , si trasfomava in una buona vecchietta, che dopo avere consegnato i doni simbolici per la nuova semina , era pronta a farsi bruciare per fare rinascere dalle proprie ceneri, una nuova luna rappresentata da una nuova natura.
Questa interpretazione coincide con il fatto che dopo le feste di Natale e Capodanno finivano le riserve di cibo e restavano solo i frutti di stagione, arance , mandarini, castagne secche ,fichi , noci, con i quali si facevano anche dei dolcetti.
Anche il carbone , assieme alla cenere era simbolo di un focolare ormai ridotto al lumicino e quindi esprimeva negatività. 

Il termine epifania deriva dal greco ἐπιφάνεια, epifaneia, che significa manifestazione, apparizione, venuta, presenza divina, e dal verbo ἐπιφάινω, epifaino, appaio. Nella forma 'Eπιφάνια (San Giovanni Crisostomo) assume la valenza di "Natività di Cristo", oltre che di "Epifania" come noi la intendiamo. Esiste anche l'aggettivo epifanico.

Nel linguaggio moderno  Epifania sta ad indicare l'Epifania del Signore, una festa cristiana che cade il 6 gennaio, cioè dodici giorni dopo il Natale. Con la Pasqua, l'Ascensione, la Pentecoste ed il Natale, quella dell'Epifania costituisce una delle massime solennità che la Chiesa celebra.
Cenni storici dell'Epifania

Il termine ἐπιφάνεια veniva utilizzato dai greci per indicare l'azione o la manifestazione di una divinità (mediante miracoli, visioni, segni, ecc.).

Nel III secolo i cristiani iniziarono a commemorare, con il termine Epifania, le manifestazioni divine (come i miracoli, i segni, le visioni, ecc.) di Gesù. In particolare, tra queste manifestazioni si sono evidenziate: l'adorazione da parte dei Re Magi, il battesimo di Gesù ed il primo miracolo avvenuto a Cana. Oggigiorno con questo termine si intende, invece, la prima manifestazione pubblica della divinità, con la visita dei Magi.
Nel mondo ortodosso, alcuni usano il termine Epifania per indicare la festa che cade sempre il 6 gennaio (o tredici giorni più tardi nelle Chiese che seguono il calendario giuliano) e viene più correntemente chiamata Teofania. In questo giorno viene celebrato il battesimo di Gesù nel Giordano, mentre la visita dei Magi, commemorata dai Cattolici di rito latino e da altre Chiese occidentali in una festa a sé, nelle chiese di rito bizantino viene celebrata il giorno stesso del Natale.


Epifanio ci racconta il Battesimo di Gesù come la manifestazione della sua divinità:

« [...] Quando tutto il popolo si fu battezzato, venne anche Gesù e fu battezzato da Giovanni. E allorché uscì dall'acqua, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito Santo in forma di colomba che discendeva e penetrava in lui. E dai cieli venne una voce che disse: Tu sei il mio figlio diretto: in te mi sono compiaciuto. E poi ancora: Io oggi ti ho generato. E in quel momento una gran luce illuminò tutto il luogo. Vedendolo Giovanni gli disse: Tu chi sei? E di nuovo una luce dal cielo a lui: Questo è il mio figlio diletto in cui mi sono compiaciuto. Allora Giovanni gettandosi ai suoi piedi disse: Ti prego Signore, battezzami tu! Ma egli vi si oppose, dicendo: Lascia, perché così conviene si adempiscano le cose »

(Epifanio, Haer. XXX 13,7)


Riguardo la nascita di Gesù il testo dei Vangeli, come quello di tutte le altre opere di scrittori antichi, è il risultato di un lavoro storico, filologico e dottrinale che richiede delle scelte tra alternative differenti. Ad esempio Epifanio cita un passo del vangelo di Luca 3,22 diverso da quello riportato dalle attuali traduzioni della Bibbia; questa discrepanza è presente in vari codici, tra cui il codice Bezæ: le parole di Dio sono rese σὺ εἶ ὁ υἱὸς μου ὁ ἀγαπητὸς, εγὼ σήμερον γεγέννεκα σε (su ei huios mou ho agapetos, ego semeron gegenneka se, Tu sei il mio figlio prediletto, in questo giorno ti ho generato) al posto di ἐν σοὶ εὐδόκησα (en soi eudokesa, in te mi sono compiaciuto)[3].
I Magi sono stati interpretati come Re Magi per l'influsso di Isaia 60,3, e sono stati attribuiti loro i loro nomi di Melchiorre (semitico), Gaspare (camitico) e Baldassarre (giapetico).
Secondo il Vangelo di Matteo (2,2) i Magi (non precisati nel numero), guidati in Giudea da una stella (αστερα, da ἀστήρ, stella od astro), portano in dono a Gesù bambino, riconosciuto come "re dei Giudei" (Mt 2,2: βασιλευς των ιουδαιων), oro (omaggio alla sua regalità), incenso (omaggio alla sua divinità) e mirra (anticipazione della sua futura sofferenza redentrice) e lo adorano.
Con l'Epifania si celebra la prima manifestazione della divinità di Gesù all'intera umanità, con la visita solenne, l'offerta di doni altamente significativi e l'adorazione dei magi, autorevoli esponenti di un popolo totalmente estraneo al mondo ebraico e mediterraneo. Avvenimento di fondamentale importanza per la tradizione cristiana, che ha trovato riscontro in numerosissime opere d'arte.
Nelle chiese cristiane ortodosse(che seguono il calendario giuliano), il 7 gennaio si celebra la Nascita di Gesù, a causa di una differenza di tredici giorni fra calendario gregoriano, in uso in occidente dal 1582, e il calendario giuliano precedente, ancora in uso in certe chiese ortodosse.











SANT'ANTONIO ABATE
(17 Gennaio)







Sant' Antonio abate era di origini egiziane, era orfano di entrambi i genitori ,pare sia stato colpito nello spirito dalla lettura di un passo del  Vangelo di Matteo in cui Gesù esortava aprivarsi dei beni materiali .
Dopo aver ceduto parte dei suoi beni alla sorella e il resto ai poveri , inizio una vita da eremita , trascorrendola pregando e lavorando.
Fondò il suo primo eremo di fronte alla sua abitazione ma presto si rese conto del forte legame con le origini che contrastavano la sua ricerca spirituale.

Si racconta che ebbe una visione in cui un eremita come lui riempiva la giornata dividendo il tempo tra preghiera e l'intreccio di una corda. Da questo capì  che, oltre alla preghiera, ci si doveva dedicare a un'attività concreta. Così ispirato condusse da solo una vita ritirata, dove i frutti del suo lavoro gli servivamo per procurarsi il cibo e per fare carità. In questi primi anni fu molto tormentato da tentazioni fortissime, dubbi lo assalivano sulla validità di questa vita solitaria. Consultando altri eremiti venne esortato a perseverare. Lo consigliarono di staccarsi ancora più radicalmente dal mondo. Allora, coperto da un rude panno, si chiuse in una tomba scavata nella rocca nei pressi del villaggio di Coma. In questo luogo sarebbe stato aggredito e percosso dal demonio; senza sensi venne raccolto da persone che si recavano alla tomba per portagli del cibo e fu trasportato nella chiesa del villaggio, dove si rimise.
In seguito Antonio si spostò verso il Mar Rosso sul monte Pispir dove esisteva una fortezza
romana abbandonata, con una fonte di acqua. Era il 285 e rimase in questo luogo per 20 anni, nutrendosi solo con il pane che gli veniva calato due volte all'anno. In questo luogo egli proseguì la sua ricerca di totale purificazione, pur essendo aspramente tormentato, secondo la leggenda, dal demonio.
Con il tempo molte persone vollero stare vicino a lui e, abbattute le mura del fortino, liberarono Antonio dal suo rifugio. Antonio allora si dedicò a lenire i sofferenti operando, secondo tradizione, "guarigioni" e "liberazioni dal demonio".
gruppo dei seguaci di Antonio si divise in due comunità, una a oriente e l'altra a occidente del fiume Nilo. Questi Padri del deserto vivevano in grotte e anfratti, ma sempre sotto la guida di un eremita più anziano e con Antonio come guida spirituale.
Antonio contribuì all'espansione dell'anacoretismo in contrapposizione al cenobitismo.
Anche Ilarione visitò nel 307 Antonio, per avere consigli su come fondare una comunità monastica a Gaza, in Palestina, dove venne costruito il primo monastero della cristianità. Nel 311, durante la persecuzione dell'Imperatore Massimino Daia, Antonio tornò ad Alessandria per sostenere e confortare i cristiani perseguitati. Non fu oggetto di persecuzioni personali. In quella occasione il suo amico Atanasio scrisse una lettera all'imperatore Costantino I per intercedere nei suoi confronti. Tornata la pace, pur restando sempre in contatto con Atanasio e sostenendolo nella lotta contro l'Arianesimo, visse i suoi ultimi anni nel deserto della Tebaide dove pregando e coltivando un piccolo orto per il proprio sostentamento, morì, ultracentenario, il 17 gennaio 357. Venne sepolto dai suoi discepoli in un luogo segreto


Preghiera
Si prega Sant'Anonio con una filastrocca mentre si cerca qualcosa che si è perso.

 Sant'Antonio dalla barba bianca
fa che trovi quello che mi manca
Sant'Antonio mio benigno,
io ti prego e no sò degno.
come nostro protettore
Prego a Cristo salvatore,
La mia vita è castigata.
Molte grazie ci ha data
In virtù del'ostensorio
facci la grazia Sant'Antonio
Quelle povere vedovelle,
quelle povere orfanelle,
quelle povere partorienti,
che gli passi l'ingravidamenti......



SAN GEMINIANO
Patrono di Modena
(31 Gennaio)




Non è possibile stabilire con esattezza la data del suo episcopato. Gli studi piú recenti lo collocano tra il 342-44 e il 396 ca. E' ritenuto originario del territorio modenese e probabilmente di famiglia romana, come indica il suo nome.

La tradizione ci dice che fu diacono del vescovo Antonio a cui successe per unanime designazione dei suoi concittadini, e che per sottrarsi al gravissimo compito, fuggi da Modena, ma ben presto raggiunto, dovette piegarsi al volere divino.
Il suo governo, sempre secondo la tradizione, fu particolarmente fecondo: la conversione totale della città al Cristianesimo e la consacrazione dei templi pagani al nuovo culto. Queste notizie trovano conferma nelle condizioni generali del tempo; è proprio infatti nel sec. IV, che si realizza quella maturazione ambientale che rese il Cristianesimo preminente sul paganesimo, e che determinò Teodosio I a proclamare il Cristianesimo religione ufficiale dell'impero e a bandire il culto pagano.
Geminiano ci è presentato come uomo di molta preghiera e pietà, inoltre è ricordato il suo potere sui demoni, ed è per questo che la fama della sua santità ne portò il nome fino alla corte di Costantinopoli, dove si recò per ridonare la salute alla figlia dell'imperatore Gioviano. Episodio da ritenersi leggendario perché facilmente ricorrente nella vita di altri santi del tempo


L'acqua miracolosa di San Geminiano

San Geminiano, fatto vescovo di Modena, pensando di essere  indegno, lascia la  città e si rifugia nei boschi tra Piandelagotti e il Passo delle Radici. Qui San Pellegrino lo convince a ritornare in pianura, promettendogli che, se pianterà il suo bastone in terra, avrà dell’acqua buona come quella della sorgente alla quale è solito bere. Potrà capire che la fonte è quella promessa, e che l’acqua viene dalla montagna, dalla presenza in superficie di foglie di faggio. E così si compì il miracolo della comparsa delle acque miracolose, meta ancora oggi di pellegrinaggi, specialmente nel mese di maggio.
 San Geminiano ubbidì. Abbandonò la montagna, scese in pianura. E giunto  a Cognento, piantò il bastone nel terreno e all’istante vide uscire  un getto d’acqua chiara. Vi galleggiavano  foglie di faggio e questo era un segno che quell’acqua veniva dalla montagna. Infatti Geminiano ne bevve dal  cavo della mano e ritrovò il buon sapore".

LA CANDELORA
(2 Febbraio)





Il 2 febbraio la Chiesa cattolica celebra la presentazione al Tempio di Gesù , popolarmente chiamata festa della Candelora, perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di Cristo "luce per illuminare le genti", come il bambino Gesù venne chiamato dal vecchio Simeone al momento della presentazione al Tempio di Gerusalemme, che era prescritta dalla Legge giudaica per i primogeniti maschi.

La festa è anche detta della Purificazione di Maria, perché, secondo l'usanza ebraica, una donna era considerata impura per un periodo di 40 giorni dopo il parto di un maschio e doveva andare al Tempio per purificarsi: il 2 febbraio cade appunto 40 giorni dopo il 25 dicembre, giorno della nascita di Gesù.
Anticamente questa festa veniva celebrata il 14 febbraio (40 giorni dopo l'Epifania), e la prima testimonianza al riguardo ci è data da Egeria nel suo Itinerarium Egeriae .
La denominazione di "Candelora" data dal popolo alla festa deriva dalla somiglianza del rito del Lucernare, di cui parla Egeria: "Si accendono tutte le lampade e i ceri, facendo così una luce grandissima" ,con le antiche fiaccolate rituali che si facevano nei Lupercali (antichissima festività romana che si celebrava proprio a metà febbraio). Ma la somiglianza più significativa tra le due festività si ha nell'idea della purificazione: nell'una relativa all'usanza ebraica:
« Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni; sarà immonda come nel tempo delle sue regole. L'ottavo giorno si circonciderà il bambino. Poi essa resterà ancora trentatré giorni a purificarsi dal suo sangue; non toccherà alcuna cosa santa e non entrerà nel santuario, finché non siano compiuti i giorni della sua purificazione » (Levitico 12,2-4)
nell'altra riguardo alla februatio  (Gli antenati romani dissero Februe le espiazioni: e ancora molti indizi confermano tal senso della parola. I pontefici chiedono al re e al flamine le lane che nella lingua degli antichi erano dette februe. Gli ingredienti purificatori, il farro tostato e i granelli di sale, che il littore prende nelle case prestabilite, si dicono anch'essi februe. (...) Da ciò il nome del mese, perché i Luperci con strisce di cuoio percorrono tutta la città, e ciò considerano rito di purificazione...). Durante il suo episcopato (tra il 492 e il 496 d.C.), Papa Gelasio I ottenne dal Senato l'abolizione dei Lupercali ai quali fu sostituita nella devozione popolare la festa appunto della Candelora. Nel VI secolo la ricorrenza fu anticipata da Giustiniano al 2 febbraio, data in cui si festeggia ancora oggi.


La Candelora è celebrata anche nella tradizione pagana e neopagana, ed alcuni studiosi rilevano come si tratti di una festività introdotta appunto in sostituzione di una preesistente. Chiamata Imbolc nella tradizione celtica, segnava il passaggio tra l’inverno e la primavera ovvero tra il momento di massimo buio e freddo e quello di risveglio della luce.

Nel mondo romano la Dea Februa (Giunone) veniva celebrata alle calende di febbraio (nel calendario romano i mesi seguivano il ciclo della luna. Il primo giorno di ogni mese corrispondeva al novilunio (luna nuova) ed era chiamato “calende”, da cui deriva il nome “calendario”).
Nel neopaganesimo Imbolc è uno degli otto sabba principali ed è legato alla purificazione ed ai riti propiziatori per la fertilità della terra.


La Candelora, per la sua collocazione all'inizio del mese di febbraio, e quindi proprio nel bel mezzo dell'inverno, quando le giornate iniziano visibilmente ad allungarsi, è stata oggetto di detti e proverbi popolari di carattere meteorologico, quale, ad esempio, il detto triestino:


Quando vien la Candelora
da l'inverno sémo fóra,
ma se piove o tira vénto,
ne l'inverno semo drénto.


In Lombardia il detto equivalente:


Madona de la sceriôla
de l'inverno sém fôra.
Se'l piôf o tira vent,
n'del'inverno sem dént.


Traduzione


Madonna della Candelora
dall'inverno siamo fuori
Se piove o tira vento
nell'inverno siamo dentro


A Trieste per la Candelora c'e questo detto:


Se la vien con sol e bora
de l'inverno semo fora;
se la vien con piova e vento,
de l'inverno semo drento.


In Istria talvolta si aggiunge:


La Madona Candelora
se la vien con sol e bora
de l'inverno semo fora;
se la vien con piova e vento,
de l'inverno semo drento,
se la ven co'l serenà
l'inverno xe passà.


A Forlì e in tutta la Romagna, invece, il proverbio suona all'opposto:


Per la candlora, o ch'u piov o ch'u neva da l'inveren a sem fora;
ma s'un piov, quaranta dé dl'inveren avem ancora.


Traduzione:


Per la Candelora, se piove o nevica, dall'inverno siamo fuori;
ma se non piove, abbiamo ancora quaranta giorni di inverno.


In Toscana, similmente, il detto recita:


Se nevica o gragnola
dell'inverno siamo fora.
Se c'è sole o solicello
siamo ancora a mezzo inverno.
Se c'è sole o sole tutto
dell'inverno resta il brutto.


Ecco uno dei proverbi Calabresi riguardo alla Candelora:


Da Candalora, cu on avi carni
s'impigna a figghjiola.


In Sicilia si suol dire:


Pa Cannilora a jaddina fà l'ova
Pa cannilora du 'nvirn sim fora
Pa Cannilora u brascirr fora.


A Rotello in Molise si suol dire:


A Cannelora, a vernate jè sciute fore!
Responne Sante Biase: "A vernate 'ncore trasce";
Responne a vecchierelle: "Quanne scekoppe a Vecachelle";
Responne u viecchie Semmejone: "Se vuo'sta cchiu' secure, quanne calene i meteture".


Traduzione:


Alla Candelora l'inverno è uscito fuori (passato)!
Risponde San Biagio (3 febbraio): "L'inverno non è ancora arrivato";
Risponde la vecchietta: "Quando sono sbocciate le gemme";
Risponde il vecchio Simeone: "Per essere più sicuri, quando arrivano i mietitori.


Nel Napoletano si dice:


A Cannelora
Vierno è fora!
Risponne San Biase:
Vierno mo' trase!
dice a vecchia dint' a tana:
nce vo' 'nata quarantana!
cant' o monaco dint' o refettorio:
tann' è estate quann' è Sant'Antonio!


A Taranto si dice:


A Cannlor u'nvirn è for,
ma c'proprij n vuè cuntà,
notr e tant c' n' stà!


Nella Lunigiana si dice:


Se la piova per la Candelora
de l'inverno semo fora,
ma se la piova e tira vento
de l'inverno semo dentro.


Nelle Marche :


Alla Candelora,
dall'inverne sin fora,
ma se en ven fatt ben i cont
sin tel mess belpont.


Nelle Marche (provincia di Macerata):
Candelora, Candelora dell'inverno semo fora se ce nengue, se ce piòe, ce nè nantri quarantanòe



SAN VALENTINO
( 14 Febbraio)






La più antica notizia di S.Valentino è in un documento ufficiale della Chiesa dei secc.V-VI dove compare il suo anniversario di morte. Ancora nel sec. VIII un altro documento ci narra alcuni particolari del martirio: la tortura, la decapitazione notturna, la sepoltura ad opera dei discepoli Proculo, Efebo e Apollonio, successivo martirio di questi e loro sepoltura. Altri testi del sec. VI, raccontano che S.Valentino, cittadino e vescovo di Terni dal 197, divenuto famoso per la santità della sua vita, per la carità ed umiltà, per lo zelante apostolato e per i miracoli che fece, venne invitato a Roma da un certo Cratone, oratore greco e latino, perché gli guarisse il figlio infermo da alcuni anni. Guarito il giovane, lo convertì al cristianesimo insieme alla famiglia ed ai greci studiosi di lettere latine Proculo, Efebo e Apollonio, insieme al figlio del Prefetto della città. Imprigionato sotto l’Imperatore Aureliano fu decollato a Roma. Era il 14 febbraio 273. Il suo corpo fu trasportato a Terni al LXIII miglio della Via Flaminia. Fu tra i primi vescovi di Terni, consacrato da S.Feliciano vescovo di Foligno nel 197. Preceduto da S.Pellegrino e S.Antimo, fratello dei SS.Cosma e Damiano.

Il culto


S.Valentino fu sepolto in un’area cimiteriale nei pressi dell’attuale Basilica. E’ sicuro che quel cimitero già esisteva in età pagana. Da questa zona provengono alcuni reperti le più antiche risalgono ai secc. IV-V. Si tratta di titoli sepolcrali. Il pezzo più interessante è il sarcofago a “teste allineate” del sec.IV ora conservato in Palazzo Carrara. E’il tradizionale sarcofago paleocristiano dove sono scolpite attorno alla figura del defunto orante, Scene della vita di Cristo. La prima basilica fu costruita nel sec.IV dato che la collocazione dell’edificio, fuori delle mura della città e in area cimiteriale e sopra la tomba del martire. Distrutta dai Goti, insieme alla città nel sec. VI, sarebbe stata ricostruita nel sec.VII. A conferma di questa ultima costruzione fu il rinvenimento di una moneta di Eraclio del 641. Al periodo della prima costruzione o a quella della ricostruzione del sec.VII, dovrebbe risalire la cripta con l’altare ad arcosolio, cioè sotto una nicchia coperta da un arco e sopra la tomba del martire. Intorno al sec.VII la basilica fu affidata ai Benedettini. Nel 742 vi avvenne l’incontro storico tra il papa Zaccaria partito da Roma verso Terni e il vecchio re longobardo Liutprando. La scelta della Basilica di S.Valentino fu fatta dal re perché all’interno di quella si veneravano le spoglie del glorioso martire alle quali egli attribuiva un valore taumaturgico. Da quell’incontro il re donava al pontefice alcune città italiane tra le quali Sutri.
Qui il pontefice ordinò il nuovo vescovo di Terni alla cui morte (760) la città rimase priva del pastore fino al 1218. In questo periodo la basilica fu ggetto di scorrerie prima di Ungari poi Normanni e Saraceni poi degli abitanti di Narni che vantavano pretese su alcuni territori e sulla Basilica. Onorio III nel 1219 vi si recò e consegnò la Basilica al clero locale. Da questo anno in poi non sappiamo più nulla dello stato di conservazione della Basilica. Agli inizi del 1600 doveva apparire fatiscente.

La ricognizione

Nel 1605 il vescovo Giovanni Antonio Onorati, ottenuto il permesso da papa Paolo V, fece iniziare le ricerche del corpo del Santo. Erano partite da tempo anche a Roma le ricerche dei primi martiri della Chiesa e per autenticare la loro esistenza e per accrescerne la venerazione. Il corpo di S.Valentino fu presto rinvenuto in una cassa di piombo contenuta entro un’urna di marmo rozza esternamente ma all’interno intagliata con rilievi. La testa era separata dal busto a conferma della morte avvenuta per decapitazione. Fu portata subito in Cattedrale. Nessuno in città voleva che il corpo del loro martire riposasse nella chiesa madre. Neanche la Congregazione dei Riti era favorevole poiché le reliquie dovevano essere venerate là dove erano state sepolte. Così si decise di ricostruire una nuova Basilica.

La basilica nuova

I lavori per la costruzione della Basilica iniziarono nel 1606 e durarono alcuni anni ma già dal 1609 questa poté essere officiata dai PP.Carmelitani, chiamati a custodirla. Nel 1618 il corpo del santo vescovo e martire venne solennemente riportato nella sua Basilica. Nel 1625 l’Arciduca Leopoldo d’Austria, diretto a Roma, fece visita alla Basilica e si assunse la spese per la costruzione di un nuovo altare maggiore in marmo, completato nel 1632, impegnandosi a rendere alla Basilica una parte del cranio del Santo donata alcuni secoli prima ad un suo antenato. Dietro all’altare maggiore è il coro con la “confessione” di S.Valentino, un altare costruito sopra la tomba del martire. Al centro è una tela ovale che ricorda il martirio del santo, opera della fine del sec. XVII. L’episodio del Duca Leopoldo fornì l’occasione per un radicale rinnovamento dell’architettura del tempio, condotto a termine grazie anche all’opera di molti ternani. La Basilica si presenta secondo uno schema caro ai teorici della Controriforma: grande navata unica con attorno cappelle laterali, due grandi cappelle costituiscono il transetto, presbiterio e dietro l’altare del martire con la “confessione”. La facciata del sec.XVII è animata da paraste, un grande portale sormontato da un finestrone. Le statue in stucco raffigurano in alto i santi patroni della città Valentino e Anastasio (+649) e sono state aggiunte nel sec.XIX. L’interno è animato da grandi paraste con capitelli in stile ionico con ghirlande. Queste sorreggono un architrave sporgente dentellato. Due cappelle per lato erano proprietà di alcune famiglie importanti della città. Le più interessanti sono le cappelle del transetto. Quella di destra è dedicata a S.Michele arcangelo ed era la cappella privata della famiglia Sciamanna. Ai lati infatti sono i monumenti funebri di alcuni membri tra i quali un certo Brunoro, vescovo di Caserta morto nel 1647. Al centro è la bella pala con S.Michele che sconfigge il demonio dell’artista romano Giuseppe Cesari detto il “Cavalier d’Arpino”. Esponente di una pittura colta e raffinata, docile alle richieste della Chiesa, che tornava a privilegiare chiarezza dell’espressione e il decoro nella rappresentazione delle figure sacre. Questa immagine è una chiara ripresa del classicismo di Raffaello: equilibrio della posa e fermezza dell’atteggiamento. L’altra cappella è dedicata alla santa carmelitana Teresa d’Avila. La bella pala centrale raffigura la Madonna con il Bambino tra i SS.Giuseppe e Teresa dell’artista Lucas De La Haye, monaco carmelitano della seconda metà del sec. XVII. L’artista fu l’incarico principale della decorazione della basilica. Infatti oltre a questa lascia altri capolavori tra i quali la bella pala centrale con S.Valentino chiede la protezione della Vergine su Terni e ancora una Adorazione dei pastori e una Adorazione dei Magi. Sempre per la basilica realizza le tele con i Quattro evangelisti e una serie con i Martiri ternani (Catulo, Saturnino, Lucio e magno discepoli di Valentino) conservati nella navata. Il suo stile è pienamente barocco: figure ricoperte di sontuosi panneggi che si agitano al vento, intrisi di un colore caldo che fa pensare anche ad un’influenza sull’artista della pittura veneta forse filtrata dal Rubens romano. Al centro del coro è una grande tela raffigurante la Crocifissione dove traspaiono figure intrise di grande drammaticità. Un ultimo capolavoro si può ammirare in una delle cappelle della navata. Si tratta di una tela raffigurante la Madonna con il Bambino ed i SS. Lorenzo, Giovanni Battista e Bartolomeo del 1635, opera di Andrea Polinori, cittadino di Todi. L’ispirazione dell’artista è il Caravaggio ma è abile a regolarizzarlo e depurarlo di ogni aggressività.
L’ambiente della cripta presenta l’antico altare ad arcosolio (inserito in una nicchia voltata a botte sopra la tomba del martire) nel quale furono rinvenute le reliquie di S.Valentino. Alcuni reperti dell’area valentiniana sono stati riuniti nell’ambiente accanto alla cripta.

La leggenda


La festa del vescovo e martire Valentino si riallaccia agli antichi festeggiamenti di Greci, Italici e Romani che si tenevano il 15 febbraio in onore del dio Pane, Fauno e Luperco. Questi festeggiamenti erano legati alla purificazione dei campi e ai riti di fecondità. Divenuti troppo orridi e licenziosi, furono proibiti da Augusto e poi soppressi da Gelasio nel 494. La Chiesa cristianizzò quel rito pagano della fecondità anticipandolo al giorno 14 di febbraio attribuendo al martire ternano la capacità di proteggere i fidanzati e gli innamorati indirizzati al matrimonio e ad un’unione allietata dai figli. Da questa vicenda sorsero alcune leggende. Le più interessanti sono quelle che dicono il santo martire amante delle rose, fiori profumati che regalava alle coppie di fidanzati per augurare loro un’unione felice. Oggi la festa di S.Valentino è celebrata ovunque come Santo dell’Amore. L’invito e la forza dell’amore che è racchiuso nel messaggio di S.Valentino deve essere considerato anche da altre angolazioni, oltre che dall’ormai esclusivo significato del rapporto tra uomo e donna. L’Amore è Dio stesso e caratterizza l’uomo, immagine di Dio. Nell’Amore risiede la solidarietà e la pace, l’unità della famiglia e dell’intera umanità.


Altra leggenda sul santo protettore degli innamorati

Secondo la leggenda il 14 febbraio è il giorno in cui gli uccelli scelgono i compagni per l'accoppiamento.
Perciò se una ragazza da marito vede un uccello i questo giorno puo prevedere il suo futuro amore.

  • Se vede un merlo sposerà un sacerdote ( dove la religione lo consente)
  • Se vede un pettirosso sposerà un marinaio.
  • Se vede un cardellino sposerà un miliardario.
  • Se Vede un uccello giallo significa che se la passerà bene
  • Se vede un passero troverà l'amore in una casetta di campagna
  • Se vede un pettirosso azzurro le toccherà in sorte la miseria
  • Se vede un crociere deve aspettarsi dei litigi.
  • Se vede un torcicollo deve rassegnarsi a restare zitella.
  • Se vede stormi di colombe porta fortuna in tutti i sensi.
Una persone dell'altro sesso che vi ncontri e vi baci il giorno di San Valentino, si dice che vi amerà per tutto l'anno.

Riti d'amore e rito di San Valentino a questo indirizzo (http://arcanomistero.blogspot.com/2010/04/i-consigli-del-mago.html)







IL CARNEVALE








Il carnevale è una festa che si celebra nei paesi di tradizione cristiana . I festeggiamenti si svolgono spesso in pubbliche manifestazioni in cui dominano elementi giocosi e fantasiosi; in particolare, l'elemento distintivo e caratterizzante del carnevale è l'uso del mascheramento.

Benché facente parte della tradizione cristiana, i caratteri della celebrazione carnevalesca hanno origini in festività ben più antiche, come ad esempio le dionisiache greche (le antesterie) o i saturnali romani, che erano espressione del bisogno di un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo ed anche alla dissolutezza. Da un punto storico e religioso il carnevale rappresentò, dunque, un periodo di festa ma soprattutto di rinnovamento, seppur per lo più simbolico, durante il quale il caos sostituiva l'ordine costituito, che però una volta esaurito il periodo festivo, riemergeva nuovo o rinnovato e garantito per un ciclo valido fino all'inizio del carnevale seguente. Il ciclo preso in considerazione, è in pratica, quello dell'anno solare.

Nel mondo antico anche le feste in onore della dea egizia Iside comportavano la presenza di gruppi mascherati, come attesta lo scrittore Lucio Apuleio nelle “Metamorfosi” (libro XI). Presso i Romani la fine del vecchio anno era rappresentata da un uomo coperto di pelli di capra, portato in processione, colpito con bacchette e chiamato Mamurio Veturio. Durante le antesterie passava il carro di colui doveva restaurare il cosmo dopo il ritorno al caos primordiale. In Babilonia poco dopo l'equinozio primaverile veniva riattualizzato il processo originario di fondazione del cosmo , descritto miticamente dalla lotta del dio salvatore Marduk con il drago Tiamat. Durante queste cerimonie si svolgeva una processione nella quale erano allegoricamente rappresentate le forze del caos che contrastavano la ri-creazione dell'universo. Si trattava di un periodo di passaggio di cui il transito degli astri era considerato la manifestazione. Nella processione vi era anche un carro a ruote sul quale stavano le allegorie del dio Luna o del dio Sole.
Il noto storico delle religioni Mircea Eliade scrive nel saggio Il Mito dell'Eterno Ritorno: "Ogni Nuovo Anno è una ripresa del tempo al suo inizio, cioè una ripetizione della cosmogonia. I combattimenti rituali fra due gruppi di figuranti, la presenza dei morti, i saturnali e le orge, sono elementi che denotano che alla fine dell’anno e nell’attesa del Nuovo Anno si ripetono i momenti mitici del passaggio dal Caos alla Cosmogonia". Più oltre Eliade  afferma che “allora i morti potranno ritornare, poiché tutte le barriere tra morti e vivi sono rotte (il caos primordiale è riattualizzato) e ritorneranno giacché in questo momento paradossale il tempo sarà annullato ed essi potranno di nuovo essere contemporanei dei vivi". Le cerimonie carnevalesche, diffuse presso i popoli Indoeuropei, mesopotamici, nonché di altre civiltà hanno perciò anche una valenza purificatoria e dimostrano il "bisogno profondo di rigenerarsi periodicamente abolendo il tempo trascorso e riattualizzando la cosmogonia".
Eliade sottolinea pure che "la restaurazione del caos primordiale, in quanto tale, precede ogni creazione, ogni manifestazione di forme organizzate" e che "sul livello cosmologico l'orgia corrisponde al Caos o alla pienezza finale; nella prospettiva temporale, l'orgia corrisponde al Grande Tempo, all'"istante eterno", alla non - durata. La presenza dell'orgia nei cerimoniali che segnano divisioni periodiche del tempo, tradisce una volontà di abolizione integrale del passato mediante l'abolizione della Creazione. La "confusione delle forme" è illustrata dallo sconvolgimento delle condizioni sociali (nei Saturnali lo schiavo è promosso padrone, il padrone serve gli schiavi; in Mesopotamia si deponeva e si umiliava il re, ecc.), dalla sospensione di tutte le norme, ecc. Lo scatenarsi della licenza, la violazione di tutti i divieti, la coincidenza di tutti i contrari, ad altro non mirano che alla dissoluzione del mondo - la comunità è l'immagine del mondo - e alla restaurazione dell'illud tempus primordiale ("quel tempo", il Grande Tempo mitico e a - storico delle origini; N.d.R.), che è evidentemente il momento mitico del principio (caos) e della fine (diluvio universale o ekpyrosis, apocalisse). Il significato cosmologico dell'orgia carnevalesca di fine anno è confermato dal fatto che al caos segue sempre una nuova creazione del Cosmo".
Il carnevale si inquadra quindi in un ciclico dinamismo di significato mitico: è la circolazione degli spiriti tra cielo, terra e inferi. Il Carnevale riconduce ad una dimensione metafisica che riguarda l’uomo e il suo destino. In primavera, quando la terra comincia a manifestare la propria energia, il Carnevale segna un passaggio aperto tra gli inferi e la terra abitata dai vivi (anche Arlecchino ha una chiara origine infera). Le anime, per non diventare pericolose, devono essere onorate e per questo si prestano loro dei corpi provvisori: essi sono le maschere che hanno quindi spesso un significato apotropaico, in quanto chi le indossa assume le caratteristiche dell' essere " soprannaturale " rappresentato. Queste forze soprannaturali creano un nuovo regno della fecondità della Terra e giungono a fraternizzare allegramente tra i viventi . Alla fine il tempo e l'ordine del cosmo , sconvolti nella tradizione carnevalesca, vengono ricostituiti (nuova Creazione) con un rituale comprendente la lettura di un "testamento” e il "funerale" del carnevale il quale spesso comporta il bruciamento del "Re carnevale" rappresentato da un fantoccio (altre volte l 'immagine - simbolo del carnevale è annegata o decapitata). Tale cerimonia avviene in molte località italiane, europee ed extraeuropee (sulla morte rituale del carnevale si veda anche Il Ramo d'Oro di James George Frazer).
È interessante altresì notare che vari significati cosmologici del Carnevale erano presenti anche nel Samhain celtico.
Nel XV e XVI secolo, a Firenze i Medici organizzavano grandi mascherate su carri chiamate “trionfi” e accompagnate da canti carnascialeschi, cioè canzoni a ballo di cui anche Lorenzo il Magnifico fu autore. Celebre è il Trionfo di Bacco e Arianna scritto proprio da Lorenzo il Magnifico. Nella Roma del governo papalino si svolgevano invece la corsa dei barberi (cavalli da corsa) e la "gara dei moccoletti" accesi che i partecipanti cercavano di spegnersi reciprocamente.
La parola carnevale deriva dal latino "carnem levare" ("eliminare la carne")poiché anticamente indicava il banchetto che si teneva l'ultimo giorno di carnevale (martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima.
Quanto all'etimologia, " il termine deriva da carne-(le)vare, con dissimilazione della seconda -r- in -l- , riferito alla vigilia della Quaresima giorno in cui era interdetto l'uso della carne "[11]. Le prime testimonianze dell'uso del vocabolo "carnevale" (detto anche "carnevalo") vengono dai testi del giullare Matazone da Calignano alla fine del XIII secolo e del novelliere Giovanni Sercambi verso il 1400.[12]
Il Carnevale non termina ovunque il Martedì grasso: fanno eccezione il Carnevale di Viareggio, il Carnevale di Ovodda[13], il carnevale di Poggio Mirteto ed il carnevale di Borgosesia. Anche il Carnevale di Foiano della Chiana [14] termina la domenica dopo le Ceneri In diversi Carnevali il martedì grasso si rappresenta, spesso con un falò, la "morte di Carnevale".


Tradizionalmente nei paesi cattolici, il Carnevale ha inizio con la Domenica di Settuagesima (la prima delle sette che precedono la Settimana Santa secondo il calendario Gregoriano); finisce il martedì precedente il Mercoledì delle Ceneri che segna l'inizio della Quaresima. La durata è perciò di due settimane e due giorni. Il momento culminante si ha dal Giovedì grasso fino al martedì, ultimo giorno di Carnevale (Martedì grasso). Questo periodo, essendo collegato con la Pasqua (festa mobile), non ha ricorrenza annuale fissa ma variabile. Per questo motivo i principali eventi si concentrano in genere tra i mesi di febbraio e marzo.

Per la Chiesa cattolica il Tempo di Carnevale è detto anche Tempo di Settuagesima. Essa considera il Carnevale (Settuagesima) come un momento per riflettere e riconciliarsi con Dio. Si celebrano le Sante Quarantore (o carnevale sacro), che si concludono, con qualche ora di anticipo, la sera dell'ultima domenica di carnevale. La chiesa cattolica ha però durante il corso della storia, condannato il Carnevale in quanto contrario ai dettami di rigore imposto dall'istituzione stessa. Secondo antiche tradizioni il Carnevale durava l'intero periodo invernale, dal giorno di commemorazione dei defunti sino al primo giorno di Quaresima ed il travestimento serviva non a nascondere la propria identità sebbene a rimandarne ad un'altra. L'antica tradizione riporta anche alla celebrazione del ricordo della Strage degli Innocenti allorquando un bambino nominato episcopellus esercitava il suo effimero potere semel in anno sino al giorno del 28 dicembre, dì indicato per il ricordo della strage di infanti ordinata da Erode.


Il Carnevale di Venezia, il Carnevale di Viareggio e lo Storico Carnevale di Ivrea sono considerati tra i più importanti al mondo. La loro fama, difatti, travalica i confini nazionali e sono in grado di attrarre turisti sia dall'Italia che dall'estero. Il Carnevale più lungo d'Italia è però quello di Putignano.

Il Carnevale di Venezia è conosciuto per la bellezza dei costumi, lo sfarzo dei festeggiamenti nella magica atmosfera della Laguna e consta di diversi giorni fitti di manifestazioni di svariato tipo: mostre d'arte, sfilate di moda, spettacoli teatrali ecc.
Il Carnevale di Viareggio è uno dei più importanti e maggiormente apprezzati carnevali a livello internazionale. A caratterizzarlo sono i carri allegorici più o meno grandi che sfilano nelle domeniche fra gennaio e febbraio e sui quali troneggiano enormi caricature in cartapesta di uomini famosi nel campo della politica, della cultura o dello spettacolo, i cui tratti caratteristici, specialmente quelli somatici, vengono sottolineati con satira ed ironia.
Lo Storico Carnevale di Ivrea, famoso per il suo momento culminante della Battaglia delle Arance,è invece considerato uno tra i più antichi e particolari al mondo[15], seguendo un cerimoniale più volte modificatosi nel corso dei secoli. L'intero carnevale ha il pregio di rappresentare, sotto forma di allegoria, la rivolta dei cittadini per la libertà dal tiranno della città, probabilmente raineri di Biandrate, ucciso dalla Mugnaia su cui si apprestava ad esercitare lo jus primae noctis. Fu quell'evento a innescare la guerra civile rappresentata dalla battaglia tra il popolo e le truppe reali che viene rievocata durante il carnevale, dove le squadre di Aranceri a piedi (ossia il popolo) difendono le loro piazze dagli aranceri su carri (ossia l'esercito) a colpi di arance a rappresentare le frecce, mentre tra le vie della città sfila il corteo della Mugnaia che lancia dolci e regali alla popolazione.
La Puglia è la regione italiana con il maggior numero di manifestazioni abbinate alla lotteria nazionale del carnevale: il già citato Carnevale di Putignano, Carnevale di Massafra, Carnevale di Gallipoli, Carnevale Dauno a Manfredonia.
Dove si osserva il rito ambrosiano, ovvero nella maggior parte delle chiese dell'arcidiocesi di Milano e in alcune delle diocesi vicine, la Quaresima inizia con la prima domenica di Quaresima; l'ultimo giorno di carnevale è il sabato, 4 giorni dopo rispetto al martedì in cui termina dove si osserva il rito romano.

La tradizione vuole che il vescovo sant'Ambrogio fosse impegnato in un pellegrinaggio e avesse annunciato il proprio ritorno per carnevale, per celebrare i primi riti della Quaresima in città. La popolazione di Milano lo aspettò prolungando il carnevale sino al suo arrivo, posticipando il rito delle Ceneri che nell'arcidiocesi milanese si svolge la prima domenica di Quaresima.
In realtà la differenza è dovuta al fatto che anticamente la Quaresima iniziava dappertutto di domenica, i giorni dal mercoledì delle Ceneri alla domenica successiva furono introdotti nel rito romano per portare a quaranta i giorni di digiuno effettivo, tenendo conto che le domeniche non erano mai stati giorni di digiuno.
Questo carnevale, presente con diverse tradizioni anche in altre parti dell'Italia, prende il nome di carnevalone.
La città di Monza, pur facendo parte della Diocesi di Milano, non festeggia il carnevale Ambrosiano in quanto sul suo territorio vige il rito romano.







SAN GIUSEPPE
(19 Marzo....festa del papà)




E' l'inizio della primavera astronomica che si festeggiava il giorno di San Giuseppe , festa di precetto il 19 Marzo. 
Si andava in giro a suonare le ocarine in terracotta in segno di augurio. 


OGGI E'ANCHE LA FESTA DEL PAPA'....
FATE UN REGALO AL VOSTRO PAPA'







EQUINOZIO DI PRIMAVERA
(la notte del 21 Marzo)


La parola "equinozio" deriva dal latino e significa "notte uguale" . La definizione puramente teorica di lunghezza del dì si riferisce all'intervallo di tempo compreso fra dueintersezioni temporalmente consecutive del centro apparente del disco solare con l'orizzonte del luogo geografico. Usando questa definizione, la lunghezza del dì risulterebbe di 12 ore. In realtà, gli effetti di rifrazione atmosferica, il semidiametro e la parallasse solare fanno sì che negli equinozi la lunghezza del dì ecceda quella della notte. Gli equinozi dimarzo e settembre sono i due giorni dell'anno nei quali hanno inizio primavera e autunno. Agli equinozi, intesi come giorni di calendario, il Sole sorge quasi esattamente ad est e tramonta quasi esattamente ad ovest; ma non esattamente, in quanto (per definizione) l'equinozio è un preciso istante che quindi può, al massimo, coincidere con uno dei due eventi, ma non prodursi due volte nell'arco di 12 ore.
Nell'emisfero settentrionale, l'equinozio di marzo (che cade il 20 o 21 marzo) è l'equinozio di primavera, e l'equinozio di settembre (che cade il 22 o il 23 settembre) è l'equinozio d'autunno; nell'emisfero meridionale, questi termini sono invertiti.
Gli equinozi possono essere considerati anche come punti nel cielo. Anche se la luce diurna nasconde le altre stelle, rendendo difficile vedere la posizione del sole rispetto agli altri corpi celesti, il Sole ha una posizione definita relativa alle altre stelle.
Mentre la Terra gira attorno al Sole, l'apparente posizione del Sole si sposta di un intero cerchio nel periodo di un anno. Questo cerchio è chiamato eclittica, ed è anche il piano dell'orbita della Terra proiettato sulla sfera celeste. Gli altri pianeti visibili ad occhio nudo  sembrano muoversi lungo l'eclittica poiché le loro orbite sono su un piano simile a quello della Terra.
L'altro cerchio nel cielo è l'equatore celeste, ovvero la proiezione dell'equatore  terrestre sulla sfera celeste. Poiché l'asse di rotazione  delle terra  è inclinato rispetto al piano dell'orbita, l'equatore celeste è inclinato rispetto all'eclittica. Due volte l'anno, il Sole incrocia il piano dell'equatore terrestre. Questi due punti sono gli equinozi.
Il punto dell'equinozio di primavera dell'emisfero settentrionale è anche chiamato punto vernale, punto dell'Ariete o punto gamma. Mentre quello dell'equinozio d'autunno è anche chiamato punto della bilancia . Tuttavia, a causa della precessione degli equinozi, questi punti non si trovano più nella costellazione da cui prendono il nome.
L'istante nel quale il Sole passa attraverso ogni punto di equinozio può essere calcolato accuratamente, così l'equinozio è sempre e solo un particolare istante, piuttosto che un giorno intero.
Agli equinozi il Sole sorge precisamente ad est e tramonta precisamente ad ovest, ovunque.
La lunghezza del dì eguaglia la lunghezza della notte.


EQUINOZIO DI MARZO

  • All'equatore il Sole sorge in linea verticale dall'orizzonte est fino allo zenit, e poi tramonta in linea verticale dallo zenit all'orizzonte ovest.
  • Al Tropico del cancro il Sole passa a sud, dove giunge alla sua massima altezza per quel giorno che è 66°33'
  • Al tropico del Capricorno il Sole passa a nord, dove giunge alla sua massima altezza per quel giorno che è 66°33
  • Al polo nord il Sole passa da una notte lunga 6 mesi ad un dì lungo 6 mesi.
  • Al polo sud il Sole passa da un dì lungo 6 mesi ad una notte lunga 6 mesi.


Usanze dell'equinozio di primavera






Una volta per le cerimonie notturne si usavano i rami resinosi dei pini del nord europeo e dei rami di ginepro che cresce sull'appennino.
Erano dette "tede" le fiaccole di pino che si accendevano per salutare l'arrivo della primavera  nella notte equinoziale .
Il motivo deriva dal fatto che il pino ha una ottima combustione ed i rami hanno un profondo valore simbolico.
il pino è una pianta ermafrodita e si riproduce continuamente e la resina bruciata rilascia un profumo simile all'incenso.
Costruire le tede è facile , basta immergre il ramo di pino o di ginepro nell'alcol e brucerà lentamente.
Si accompagnerà a ghirlande di pino e viole e si appendono ai balconi o nei giardini.
Si possono anche accompagnare con un mazzetto di gelsomini adornato da  spighe e da un nastro argentato con questi versi:


Una notte che dormivo , con i gelsomini al balcone,
vennero due cherubini , su una rosa innamorata.









PESCE D'APRILE
(1° Aprile)








il 1° giorno di Aprlile può nascondere subdoli pericoli perchè c'è sempre qualche burlone che trova il modo di far girare le persone a vuoto come dice il proverbio  " il 1° di Aprile tutte le oche vanno in giro ".
Il simbolo della riuscita della beffa è la rappresentazione de pesce  , che in astrologia identifica le persone sognanti . amanti del mistero e che guizzano da tutte le parti.
Oberati da mille impegni giornalieri, ci dimentichiamo facilmente del primo  Aprile , e se ne rimaniamo vittime ci chiediamo come sia possibile esorcizzarla .
E' facilissimo, basta far trovare nella colazione del mattinoun pesce rosso di marzapane o di cioccolato, meglio se di vetro o di peltro, è una usanza molto antica per propiziare la fortuna e mette allegria .


DOMENICA DELLE PALME



In questo giorno la Chiesa distribuisce l'ulivo Benedetto simbolo di pace e serenità , che viene conservato nelle case  a protezione degli influssi malefici.
L'ulivo benedetto tiene lontano le cimici e le pulci dal letto.
Viene usato nella praparazione della croce il 3 Maggio e si brucia durante i temporali , contro la grandine.
I fuochi si fanno in mezzo ad una carreggiate in mezzo a 2 solchi delle ruote di un carro, con erba secca ,sterpi e una croce fatta con l'ulivo.
per tenere lontane le saette dalla ca sa e dalla stalla bisogna fare una croce con le monne e la paletta del focolare domestico sopra l'ulivo e un po di cenere del ceppo di Natale


LA PASQUA










Le usanze della Pasqua sono tantissime , ma il consumismo le ha rese triviali e grossolane.


Bagnarsi gli occhi 

Una volta le campane riprendevano a suonare la mattina del Sabato Santo , allora la gente si bagnava gli occhi cnei fossi , nll'acqua di bollitura delle uova e nelle fonti.
Questo atto serviva a proteggere la salute degli occhi , ma era anche un segno di devozione perchè si diceva che mentra le campare suonavano tutte le acque erano benedette.
Oggi il tutto avviene nella veglia di pasqua, ma il significato è uguale.

Le uova

Senza spigoli e angoli con il guscio fragile ma se lo si comprime per il lungo molto resistente l'uovo è uno scrigno perfetto che racchiude in sè la vita nascente , il grembo materno primordiale, la primavera e la Pasqua, l'origine e la rinascita.
Sono questi i motivi che rendono le uova l'elemento principale della Pasqua durante la quale vengono usate,consumate e presentate in tanti modi.

Dipinte a Mano

E' un' usanza antichissima , talmente antica che pare che Maria Maddalena le regalasse in segno di pace.
Gli antichi romani le dipingevano di rosso , poi i colori rituali diventarono il rosso e il verde
Le uova devono essere benedette il sabato santo, ci sono ancora chiese che celebrano questo rito.





CALENDIMAGGIO


Il Calendimaggio , che trae il nome dal periodo in cui ha luogo, cioè l'inizio di Maggio, è una festa stagionale che si tiene per festeggiare l'arrivo della primavera.
 Calendimaggio è una tradizione viva ancor oggi in molte regioni d'Italia come allegoria del ritorno alla vita e della rinascita.
La funzione magico-propiziatoria di questo rito è spesso svolta durante una questua dove, in cambio di doni (tradizionalmente uova, vino, cibo o dolci), i maggianti (o maggerini) cantano strofe benauguranti agli abitanti delle case che visitano.
Simbolo della rinascita primaverile sono gli alberi (ontano,maggiociondolo) che accompagnano i maggerini e i fiori (viole rose) con cui i partecipanti si ornano e che vengono citati nelle strofe dei canti. In particolare la pianta dell'ontano, che cresce lungo i corsi d'acqua, è considerata il simbolo della vita ed è per questo che è spesso presente nel rituale.
Si tratta di una celebrazione che risale ai Celti (festeggiavano Beltane, Etruschi e Liguri che celebravano l'arrivo della bella stagione, essendo questi popoli molto integrati con i ritmi della natura.








SAN GIOVANNI BATTISTA
(24 Giugno)





Giovanni Battista è il santo più raffigurato nell’arte di tutti i secoli; Ciò testimonia il grande interesse che in tutte le epoche ha suscitato questo austero profeta, così in alto nella stessa considerazione di Cristo da essere da lui definito “Il più grande tra i nati da donna”.
Egli è l’ultimo profeta dell’Antico Testamento e il primo Apostolo di Gesù perché gli rese testimonianza ancora in vita. È tale la considerazione che la Chiesa gli riserva che è l’unico santo, dopo Maria, ad essere ricordato nella liturgia, oltre che nel giorno della sua morte (29 agosto), anche nel giorno della sua nascita terrena (24 giugno); quest’ultima data è la più usata per la sua venerazione dalle innumerevoli chiese, diocesi, città e paesi di tutto il mondo che lo tengono come loro santo patrono.
Inoltre fra i nomi maschili, ma anche usato nelle derivazioni femminili (Giovanna, Gianna) è il più diffuso nel mondo, tradotto nelle varie lingue; e tanti altri santi, beati, venerabili della Chiesa, hanno portato originariamente il suo nome; come del resto il quasi contemporaneo s. Giovanni l’Evangelista e apostolo, perché il nome Giovanni, al suo tempo era già conosciuto e nell’ebraico Iehóhanan, significa: “Dio è propizio”.
Nel Vangelo di S. Luca  si dice che era nato in una famiglia sacerdotale, suo padre Zaccaria era della classe di Abia e la madre, Elisabetta, discendeva da Aronne. Essi erano osservanti di tutte le leggi del Signore, ma non avevano avuto figli perché Elisabetta era sterile e ormai anziana.
Un giorno, mentre Zaccaria offriva l’incenso nel Tempio, gli comparve l’arcangelo Gabriele che gli disse: “Non temere Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio che chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita, poiché sarà grande davanti al Signore” e proseguì nel descrivere le sue virtù, cioè pieno di Spirito Santo, operatore di conversioni in Israele, precursore del Signore con lo spirito e la forza di Elia.
Dopo quella visione, Elisabetta concepì un figlio fra la meraviglia dei parenti e conoscenti; al sesto mese della sua gravidanza, l’arcangelo Gabriele, il ‘messaggero celeste’, fu mandato da Dio a Nazareth ad annunciare a Maria la maternità del Cristo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi anche Elisabetta, tua parente, nella vecchiaia ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile; nulla è impossibile a Dio”.
Maria allora si recò dalla cugina Elisabetta per farle visita e al suo saluto declamò il bellissimo canto del “Magnificat” per le meraviglie che Dio stava operando per la salvezza dell’umanità e, mentre Elisabetta esultante la benediceva, anche il figlio che portava in grembo, sussultò di gioia.
Quando Giovanni nacque, il padre Zaccaria che all’annuncio di Gabriele era diventato muto per la sua incredulità, riacquistò la voce; la nascita avvenne ad Ain Karim a circa sette km ad Ovest di Gerusalemme, città che vanta questa tradizione risalente al secolo VI, con due santuari dedicati alla Visitazione e alla Natività. Della sua infanzia e giovinezza non si sa niente, ma quando ebbe un’età conveniente, Giovanni, conscio della sua missione, si ritirò a condurre la dura vita dell’asceta nel deserto: portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi e il suo cibo erano locuste e miele selvatico.
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio (28-29 d.C.), iniziò la sua missione lungo il fiume Giordano; con l’annuncio dell’avvento del regno messianico ormai vicino, esortava alla conversione e predicava la penitenza. Da tutta la Giudea, da Gerusalemme e da tutta la regione intorno al Giordano, accorreva ad ascoltarlo tanta gente considerandolo un profeta; Giovanni, in segno di purificazione dai peccati e di nascita a nuova vita, immergeva nelle acque del Giordano coloro che accoglievano la sua parola, cioè dava un Battesimo di pentimento per la remissione dei peccati, da ciò il nome di Battista che gli fu dato.
Anche i soldati del re Erode Antipa andavano da lui a chiedergli cosa potevano fare se il loro mestiere era così disgraziato e malvisto dalla popolazione e lui rispondeva: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno e contentatevi delle vostre paghe” .
Molti cominciarono a pensare che egli fosse il Messia tanto atteso, ma Giovanni assicurava loro di essere solo il Precursore: “Io vi battezzo con acqua per la conversione, ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non sono degno neanche di sciogliere il legaccio dei sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”. E alla delegazione ufficiale, inviatagli dai sommi sacerdoti, disse che egli non era affatto il Messia, il quale era già in mezzo a loro aggiungendo “Io sono la voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia”. Anche Gesù si presentò al Giordano per essere battezzato e Giovanni quando se lo vide davanti disse: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato dal mondo!” e a Gesù: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?” e Gesù: “Lascia fare per ora, poiché conviene che adempiamo ogni giustizia”. Allora Giovanni acconsentì e lo battezzò e vide scendere lo Spirito Santo su di Lui come una colomba, mentre una voce diceva: “Questo è il mio Figlio prediletto nel quale mi sono compiaciuto”. Da quel momento Giovanni confidava ai suoi discepoli “Ora la mia gioia è completa. Egli deve crescere e io invece diminuire” (Gv 3, 29-30).
La sua missione era compiuta perché Gesù prese ad iniziare la sua predicazione: aveva formato il gruppo degli apostoli e discepoli ed era seguito da una gran folla; Giovanni aveva predicato proprio per questo: preparare un popolo degno che accogliesse Gesù e il suo messaggio di Redenzione. Aveva operato senza indietreggiare davanti a niente, neanche davanti al re d’Israele Erode Antipa († 40 d.C.), che aveva preso con sé la bella Erodiade, moglie divorziata da suo fratello; ciò non era possibile secondo la legge ebraica, la “Torha”, perché il matrimonio era stato regolare e fecondo, tanto è vero che era nata una figlia, Salomè.
Per questo motivo un giudeo osservante e rigoroso come Giovanni, sentiva il dovere di protestare verso il re per la sua condotta. Infuriata, Erodiade gli portava rancore, ma non era l’unica perché il Battesimo che Giovanni amministrava perdonava i peccati, rendendo così inutili i sacrifici espiatori, che in quel tempo si facevano al Tempio e ciò non era gradito ai sacerdoti giudaici.
Erode fece arrestare e mettere in carcere Giovanni su istigazione di Erodiade, la quale avrebbe voluto che fosse ucciso, ma Erode Antipa temeva Giovanni considerandolo uomo giusto e santo, preferiva vigilare su di lui e l’ascoltava volentieri, anche se restava molto turbato. Per Erodiade, però, venne il giorno favorevole, quando il re diede un banchetto per festeggiare il suo compleanno invitando tutta la corte ed i notabili della Galilea. Alla festa partecipò con una conturbante danza anche Salomè, la figlia di Erodiade e quindi nipote di Erode Antipa; la sua esibizione piacque molto al re ed ai commensali, per cui disse alla ragazza: “Chiedimi qualsiasi cosa e io te la darò”; Salomé chiese alla madre consiglio ed Erodiade, presa la palla al balzo, le disse di chiedere la testa del Battista. A tale richiesta fattagli dalla ragazza davanti a tutti, Erode ne rimase rattristato, ma per il giuramento fatto pubblicamente non volle rifiutare e ordinò alle guardie che gli fosse portata la testa di Giovanni, che era nelle prigioni della reggia.
Il Battista fu decapitato e la sua testa fu portata su un vassoio e data alla ragazza che la diede alla madre. I suoi discepoli, saputo del martirio, vennero a recuperare il corpo, deponendolo in un sepolcro; l’uccisione suscitò orrore e accrebbe la fama del Battista.
Molti testi apocrifi, come anche i libri musulmani, fra i quali il Corano, parlano di lui; dai suoi discepoli si staccarono Andrea e Giovanni apostoli per seguire Gesù. Il suo culto come detto all’inizio si diffuse in tutto il mondo conosciuto di allora, sia in Oriente che in Occidente e a partire dalla Palestina si eressero innumerevoli Chiese e Battisteri a lui dedicati.
La festa della Natività di S. Giovanni Battista, fin dal tempo di S. Agostino (354-430), era celebrata al 24 giugno, per questa data si usò il criterio, essendo la nascita di Gesù fissata al 25 dicembre, quella di Giovanni doveva essere celebrata sei mesi prima, secondo quanto annunciò l’arcangelo Gabriele a Maria.

Una notte magica
La notte di San Giovanniè da sempre considerata magica e prodigiosa, la spiegazione sta nel fatto che essa segue immediatamente il solstizio d'estate(22 Giugno) quando il sole raggiunge il suo apice sull' orizzonte e imprime forza e vigore a tutte le creature.
La notte di San Giovanni è detta anche il secondo Capodanno, molto simile al primo per la concezione magica e la ritualità ad essa connesse , prima fra tutte i falò.
La differenza sta nei contenuti.
Il capodanno è pervaso dalla consapevolezza che che tutto in natura è in stato di torpore e bisogna propiziarsi le forze benefiche per rimetterla in moto, perche dal risultato di questa rinascita dipende la fortuna degli uomini.
Il Capodanno durante la notte di San Giovanni coglie la natura nel suo vigore massimo , dal quale l'uomo trae il massimo frutto e bisogna evitare che le forze avverse , che si manifestano in malattie, siccità e tempeste, rovinino il frutto di tanta fatica.

I fuochi purificatori

  • I fuochi della notte di San Giovanni scacciano i demoni e le streghe e prevengono le malattie.

  • Si danza intorno al fuoco per scacciare le streghe che volano nel cielo prima di andare  al mitico noce di Benevento dove si tiene il loro convegno annuale.

  • Si fa il girotondo intorno ai fuochi per rafforzare  con la catena delle mani l'amicizia e la solidarietà .

  • Si diventa immuni dalle avversità saltando le braci avanti e indietro.

  • Si crede che i giovani che saltano le braci del fuoco si sposeranno entro l'anno e saltare in coppia favorisce la nascita di un bimbo.

  • La cenere dei fuochi di San Giovanni , sparsa nei campi , protegge i semi dai parassiti.

  • Un tizzone spento del fuoco di San Giovanni protegge la casa dai ladri.
La rugiada

Secondo gli antichi nella notte di San Giovanni " cadde la rugiada degli Dei"
perchè si entra nel solstizio d'estate detto "porta degli Dei",  dalla quale passavano i nuovi nati anche sottoforma di rugiada.
Bagnarsi nella rugiada o bagnarsi gli occhi era un gesto di purificazione prima di andare alla messa e ricordava il battesimo.
La rugiada di San giovanni era ritenuta medicamentosa , infatti si dice che:
LA GUAZZA DI SAN GIOVANNI GUARISCE TUTTI I MALANNI.
Ci si alzava presto al mattino  per bagnarsi i piedi e le gambe, si strofinavano le parti sessuali e le mani, ci si lavava la faccia e ci si asciugava al sole.
Si sfregava la guazza sui capelli delle bimbe per avere riccioli rigogliosi e folti.
Tutto cio nn è solo superstizione, infatti è confermato il fatto che la guazza è dolce, detergente,non contiene sostanze calcaree, rinfresca la carnagione come l'acqua piovana.
L'acquq esposta in questa notte aveva virtù terapeutiche e serviva per "segnare" le storte pronunciando la seguente formula:

Acqua viva ,acqua morta
porta via questa brutta storta,
portala via nel canale
che non possa mai tornare.

Per raccogliere la guazza  si distendeva un panno sul terreno e la mattina si strizzava in una baccinella.oppure si trascinava uno straccio molto assorbente in un prato e poi si strizzava in un secchio.

Alcuni riti per la notte di San giovanni

La barca di San Giovanni

La notte tra il 23 e il 24 Giugno si mette un chiaro d'uovo in un bicchiere, si aggiungono 4 dita di acqua, poi il bicchiere deve essere esposto alla guazza (rugiada).
Il mattino del 24 Giugno si vede una base biancastra dalla quale si innalzano filamenti di diversa misurache hanno l'aspetto di una barca.
l'osservatore attento sarà in grado di cogliere segnali per sapere il futuro , in base alle forme che vede nel chiaro dell'uovo.



Il mestiere del marito

Una ragazza deve mettere l'acqua di 7 fontane in una baccinella che sta esposta la notte di San Giovanni.
Si aggiunge una chiara d'uovo e apparirà un disegno, se avrà forma di zappa sarà un contadino, se avra la forma di penna sarà un impiegato ecc.

Pane e vino

Porta fortuna e benessere consumareuna pagnottadi pane preparato con il grano primaticcio raccolto il giorno di San Giovanni.

Un amuleto naturale
La raccolta di 24 spighe di grano la mattina di San Giovanni ,che si devono conservare tutto l'anno sono un ottimo amuleto contro le sventure.





La baccinella 
Si lascia una baccinella piena d'acqua sul davanzale della finestra durante la vigilia di San Giovanni per fare in modo che la notte magica la benedica, una volta benedetta dal santo l'acqua è efficace contro il malocchio ,l'invidia e le fatture , specialmente sui bimbi.

I sogni

Se si mettono sotto il cuscino 9 erbe , raccolte nella notte di San Giovanni , si vede in sogno quello che accadrà in futuro.

Noce

E' all'alba del giorno di San Giovanni , e solo in questa occasione,che si staccano dal noce le drupe per fare il nocino, ma attenzione , bisogna usare una falce con la lama di legno, mai di ferro,altrimenti si attirano su di esse tutti  i malefici delle streghe che fanno del noce il loro albero preferito. Le noci raccolte devono essere di numero 30,60 o 100.

Nocino forte
(Liquore delle streghe)




Ingredienti :

  • 24 noci raccolte il giorno di San Giovanni

  • 1 lt di alcol a 95°

  • 300 gr di acqua

  • 500 gr di zucchero

  • 7 chiodi di garofano

  • 1 pezzetto di cannella

  • 11 chicchi di caffè

  • 1 scorza di limone.
Sciogliete lo zucchero nell'acqua , tagliate le noci e mettetele in infusione per 10 giorni nnell'alcol e nello sciroppo .
Filtrate , travasate in bottiglia  e lasciate a riposo per 4 mesi.