giovedì 14 febbraio 2019

#SAN #FAUSTINO LA #FESTA #DEI #SINGLE


Il Mago dice che

Se il 14 febbraio si festeggia San Valentino fra rose, cioccolatini e cene al lume di candela, il 15 febbraio non è da meno, con la piccola differenza che in questa data il romanticismo è off limits.
San Faustino è la festa dei single, di ogni tipo  di single: quelli in cerca della propria dolce  metà e quelli che di compagni o compagne non ne vogliono sapere proprio niente .
Ognuno celebra il suo San Faustino un po’ come vuole ed è da tempo ormai che si può addirittura partecipare a delle feste organizzate in cui, magari, incontrare il futuro partner o altrimenti , divertirsi solamente.
Ma quali sarebbero  le origini di questa festa dedicata ai single?
San Faustino di Sarezzo, in provincia di Brescia, è di origine medievale ed è tutt’ora una ricorrenza patronale della Val trompia.
Secondo la tradizione San Faustino dava opportunità alle giovani fanciulle di incontrare il loro futuro “moroso”.
Una leggenda racconta che Faustino fosse il figlio di una famiglia molto ricca di origine pagana, motivo per il quale divenne immediatamente cavaliere. Affascinato dalla religione cristiana si fece battezzare e decise di predicare la parola del signore in tutta la zona che comprendeva Brescia e i paesi circostanti.
Faustino iniziò comunque ad essere perseguitato dagli altri nobili perché si rifiutò di fare sacrifici in onore degli dei. Questione che fece infuriare anche l’imperatore, il quale la prima ordinò di darlo in pasto ai leoni che, però, si sedettero ai suoi piedi invece di divorarlo. Il sovrano, sempre più infuriato, decise quindi di farlo bruciare vivo ma anche in questo caso Faustino la scampò perché le fiamme non lo investirono.
Si narra , infine, che dopo una serie di trasferimenti San Faustino fu ucciso il 15 febbraio.
Questo giorno è diventato la festa dei single perché il nome Faustino ha origini latine propiziatorie; non a caso, quindi, i “non accoppiati” che aspettano questa festa sperano nella fortuna di trovare l’anima gemella.
















venerdì 8 febbraio 2019

I MITI E LE LEGGENDE


Il Mago dice che
Curiosità Modenesi | Perché in duomo c'è uno sgabello detto "del boia" ?



I miti sono racconti fantastici che narrano le origini, le vicende, la storia di un gruppo sociale. Prima di essere scritti, I miti sono stati raccontati a voce e nel tempo hanno perso una precisa configurazione storica e geografica.
Il racconto mitologico generalmente tenta di dare una spiegazione alle forze che regolano la natura, ai fenomeni e alle leggi della vita: la nascita, la crescita, la morte. Ma la principale caratteristica del mito è costituita dalla presenza nel racconto delle figure divine, che agiscono compiendo azioni eccezionali, al di là dei limiti del tempo e dello spazio. I miti sono quindi racconti di magia, ma essi hanno in sé elementi di verità e di religiosità. Sono storia vera perché aderenti alle tradizioni del gruppo di appartenenza, ma anche sacri poiché in essi vi si riconoscono tutti coloro che partecipano alle stesse emozioni religiose

 Le leggende traggono il loro contenuto dalle vicende di una comunità, da eventi che si presumono realmente accaduti, da fatti storici. Ma, a differenza dei miti; le leggende hanno una collocazione più precisa nel tempo, una maggiore determinazione di luoghi, date e personaggi. Ciò non priva i racconti di elementi incredibili, ma impedisce alla narrazione di circondarsi dell'alone di mistero e di sacra religiosità caratteristico dei racconti mitologici.
Questo tipo di narrazione appartiene a un genere popolare che più degli altri veniva raccontato per le vie e per le piazze. Intorno a uno stesso evento ciascuna regione, ciascun paese ha elaborato la «sua» leggenda inserendo notizie e aggiungendo informazioni diverse. In questi racconti fantastici perciò ognuno può ritrovare qualcosa di magico che lo ricollega alla propria terra.

Le leggende sono numerosissime in tutto il mondo , a seguire ne raccontero una tutta italiana. 

Buona lettura ...
LA LEGGENDA DELL'ETNA 


Un bel giorno Encelado, fratello maggiore dei giganti, decise di compiere la scalata al cielo per togliere il potere a Giove e comandare in sua vece.
Encelado aveva manacce grandi come piazze, barba incolta, sopraccigli folti e grossi come cespugli, una bocca interminabile che pareva una fornace. Quando si arrabbiava, buttava fuori scintille di fuoco, le quali gli bruciacchiavano la barba e i capelli, che però ricrescevano dopo un momento più folti di prima.
I giganti minori lo temevano e non contrastavano il suo volere per paura di vedersi colpire da quelle fiammate così potenti.
Anche quella volta tutti i giganti ubbidirono e si misero subito al lavoro. Per aiutarlo a salire al cielo posero uno sull'altro i cucuzzoli dei monti più alti. Presero il monte Bianco, le montagne asiatiche, il Pindo della Grecia, ma la meta era ancora tanto lontana
- Prendete i monti africani - gridava infuriato Encelado - e arriveremo al cielo!
Li presero tutti; erano quasi arrivati al trono di Giove quando questi, irato per tanta arroganza, scagliò con la sua possente mano un fulmine che infiammò il cielo e raggiunse i giganti accecandoli e rovesciandoli a terra violentemente.
Encelado e i suoi fratelli, contorcendosi dal dolore, urlavano in modo disumano; ma il dio dell'Olimpo, non ancora sazio di vendetta, con un altro fulmine colpì il cumulo delle montagne che rotolarono di qua e di là schiacciando i corpi dei ribelli.
Encelado, ridotto a pezzi, restò sepolto sotto l'Etna.
Era ancora vivo, ma non poteva muoversi, né riusciva a scuotere la montagna che gli stava sopra: aveva di colpo perduto la sua forza e sentì ardere nel petto la sua furia repressa. Cominciò a buttare fuori dalla bocca fiamme, faville, fumo e brace, che salirono fino al cucuzzolo dell'Etna, da cui uscirono emettendo un rombo violentissimo.
La lava fusa dal respiro di Encelado cominciò a scendere lungo i pendii dei monti distruggendo ogni cosa, praterie, case, fienili e costringendo la gente a fuggire, gridando spaventata:
- L'Etna fuma!
Poi Encelado improvvisamente si calmò. Ma la rabbia del gigante, rimasto immobile sotto la montagna, non si è ancora placata e di tanto in tanto esplode emettendo colate di fuoco

(Leggenda italiana)










  

giovedì 7 febbraio 2019

LE FAVOLE


Il Mago dice che
Curiosità Modenesi | Perché in duomo c'è uno sgabello detto "del boia" ?

Le favole sono  narrazioni di fantasia incentrate su un racconti che sono  tramandati a voce di generazione in generazione, conservano  però inalterata la loro  struttura narrativa. A differenza dei miti e delle leggende, raccontano il quotidiano, parlano di matrimoni e di morti, di rapporti padre-figli, di povertà e di ricchezza. Ma nelle favole il quotidiano si confonde con lo straordinario creando un mondo di stupore e di magia. Attraverso incanti, meraviglie e piacevoli paure, chi legge o ascolta ritrova se stesso, i conflitti che vive nel proprio intimo, le difficoltà contro cui deve lottare, i sacrifici che deve fare.
Si ritrovano semplificati i grandi problemi della vita cui, sorridendo, viene sempre fornita una soluzione, a parte rare eccezioni, la caratteristica fondamentale delle fiabe è il lieto fine.

Quindi in questo frangente vi racconterò una favola :


L'INCANTESIMO DELLA SORGENTE 

In un lontano villaggio dell'antica terra di Polonia viveva un uomo, Petrovitc, che era felice della vita semplice e serena che svolgeva in compagnia delle tre figlie.
Un brutto giorno Petrovitch si ammalò gravemente. A niente valsero le pozioni di erbe e gli impacchi che gli stregoni del villaggio prepararono per lui: il male avanzava inesorabilmente.
- Oh! se potessi bere l'acqua della magica sorgente ­ si lamentava l'uomo - guarirei certamente. - Ma la sorgente è così lontana; non riuscirò mai ad arrivare fin là!
La figlia maggiore, addolorata per la sorte del padre, non sopportava di vederlo morire lentamente senza tentare di aiutarlo in qualche modo. Perciò un giorno prese una grossa brocca e partì per recarsi alla sorgente fatata.
Camminò a lungo, giorni e notti, finché raggiunse la meta desiderata. Si avvicinò subito alla fonte, ma quando si piegò per attingere l'acqua sentì una voce che le disse: - Avrai quest'acqua solo se prometti di diventare mia sposa!
La fanciulla si spaventò enormemente e fuggì via con la brocca vuota. A casa la seconda sorella, informata di quanto era accaduto, la rimproverò della sua viltà e decise di recarsi lei alla sorgente. Una volta arrivata, proprio men­tre stava per prendere l'acqua nella brocca, la stessa voce le disse:
- Avrai quest'acqua solo se prometti di diventare mia sposa!
Poiché la giovane esitava, la voce continuò:
- Se non farai ciò che ti dico, tuo padre morirà!

La ragazza, terrorizzata da queste oscure minacce, tornò a casa velocemente, anche lei con la brocca vuota. Allora Katia, la sorella più giovane, si dichiarò pronta a tentare a sua volta l'impresa.
Si mise subito in viaggio e, quando ebbe raggiunto il luogo incantato, potette ascoltare la stessa voce che le disse:
- Avrai quest'acqua solo se prometti di diventare mia sposa!
La generosa fanciulla accettò la proposta senza esitare e così riuscì a riempire la brocca con l'acqua magica. La portò a casa e il padre la bevve con avidità. Immediatamente sentì le forze tornare nel suo corpo, il sangue affluire sul suo viso. Era miracolosamente guarito! Petrovitc abbracciò la figlia minore e le manifestò la sua riconoscenza.
Passarono alcuni giorni, ed ecco che una sera uno strano essere coperto da una pelle di lupo bussò alla porta della loro casa. Katia andò ad aprire. Al solo vederlo tutti fuggirono, eccetto la giovane. Il misterioso visitatore ricordò alla ragazza la sua promessa e le disse d'essere venuto per farsi conoscere. Fece cadere a terra la pelle di lupo, mostrando alla fanciulla stupefatta il suo vero aspetto: era un uomo giovane e seducente che si chiamava Stanislas. Egli si rivolse a Katia con grande dolcezza e le disse:
- Verrò ogni sera da te, ma a mezzanotte dovrò andare via. Per un terribile incantesimo, compiuto contro di me dalla maga della sorgente, non posso mostrare il mio volto a nessuno, fuorché a te che hai accettato di diventare mia sposa senza conoscermi. Se qualcun altro scoprisse il mio aspetto sarei costretto a sparire.
Il giovane le fece perciò promettere di non rivelare ad altri il loro segreto. Da quella volta, ogni sera Stanislas tornò a far visita alla fanciulla, ma quando s'udiva l'ultimo rintocco della mezzanotte, si copriva con la pelle di lupo e spariva nell'oscurità.
Katia cominciò ad amarlo, ma non seppe tener fede alla promessa fatta. Si confidò con suo padre e questi, nella speranza di porre fine all'incantesimo della sorgente, rubò la pelle di lupo e la bruciò nel bosco.
A mezzanotte quando il giovane s'accorse di non poter indossare il suo travestimento, disse alla fanciulla:
- Non possiamo più vederci. Purtroppo devo partire per un paese molto lontano, al di là del mare. Ma se un giorno vorrai venire da me, dovrai calzare scarpe di ferro per camminare e colmare con le tue lacrime un paiolo di ferro.
Detto questo Stanislas andò via, mentre Katia cominciò a piangere per il dolore. Subito il padre le portò un paiolo di ferro per raccogliere le lacrime che, cadendo copiosamente dai suoi occhi, ben presto riempirono il recipiente fino all'orlo.
La fanciulla attese qualche tempo, sperando in cuor suo che il giovane tornasse. Lo aspettò con ansia ogni sera, ma invano: Stanislas sembrava sparito per sempre.
Infine, stanca dell'inutile attesa, decise d'intraprendere il viaggio per ritrovare il suo amato. Il padre le preparò delle scarpe di ferro, così Katia partì.
Il percorso per raggiungere il mare fu lungo e doloroso; le scarpe di ferro le procuravano ad ogni passo un'atroce sofferenza. Una sera in cui si sentì troppo stanca per proseguire, la fanciulla volle riposarsi. Si avvicinò a una capanna, davanti alla quale sedeva un vecchio che, con aria sorpresa, le domandò:
- Chi sei? Come sei riuscita ad arrivare fin qui?
Katia raccontò la sua triste storia e il vecchio l'ascoltò con compassione e tenerezza.
- Interrogheremo la Luna per avere notizie del tuo Stanislas - disse l'uomo al termine del racconto e, con strani gesti di rito, chiamò l'astro notturno.
- Non ho visto il giovane di cui mi chiedi, - rispose la Luna - ma va da mio fratello il Sole, che con i suoi raggi arriva in luoghi lontani cento miglia: può darsi che ti possa dare qualche notizia di lui.
Katia seguì le indicazioni che la Luna le aveva fornito e giunse alla dimora del Sole, portando con sé una noce che l'astro notturno le aveva regalato. Purtroppo neanche il Sole potette esserle utile: non aveva mai visto Stanislas. Le suggerì però di andare dal Vento e, dopo aver regalato un'altra noce alla sfortunata fanciulla, le indicò la strada da percorrere.
Il Vento soffiava rabbioso quando Katia arrivò, ma vedendola così triste e smarrita, si quietò e ascoltò la sua richiesta.
- Aiutami a ritrovare il mio amato Stanislas - gli disse con semplicità la ragazza.
- Egli vive al di là del mare - le rispose il Vento.
- Credo però che il giovane sia prigioniero di un'altra donna. Ad ogni modo, ti accompagnerò da lui.
Il Vento guidò Katia oltre il mare e poi la lasciò, donandole una terza noce.
Finalmente la fanciulla giunse al paese in cui viveva Stanislas. Egli abitava in un castello, prigioniero della maga della sorgente, che era innamorata di lui. Ma Katia non si perse d'animo: lo avrebbe salvato a qualunque costo. Si recò dunque al castello e, fingendo di essere una principessa, chiese ospitalità alla sovrana. La maga la fece alloggiare in un sontuoso appartamento, ma volle subito metterla alla prova. La stessa sera la invitò ad una grande festa: Katia avrebbe dovuto indossare un abito adatto, un abito come quelli che soltanto le principesse posseggono. La giovane era disperata quando, inavvertitamente, ruppe una noce; da essa uscì uno splendido abito d'argento che le andava alla perfezione.
La maga invidiosa desiderò ardentemente quell'abito, i cui riflessi argentei illuminavano la pelle della giovane rendendola bellissima.

- Ve lo regalo - propose la fanciulla - se mi concedete di trascorrere un giorno con Stanislas.

La donna accettò, ma prima fece bere al suo prigioniero un elisir d'oblio. Katia parlò a Stanislas del loro amore, della sorgente, della pelle di lupo, delle lunghe serate trascorse insieme nel lontano villaggio. Ma il giovane non ricordava nulla.
La sera successiva Katia ruppe la seconda noce, da cui uscì un abito meraviglioso del colore del sole. Anche questa volta l'avida maga lo desiderò per sé e perciò si accordò nuovamente con la giovane. Ma tutto si svolse nella stessa maniera, perché Stanislas aveva ancora bevuto l'elisir dell'oblio e non ricordava niente.
Katia sperava che la terza noce le avrebbe portato maggiore fortuna e la sera dopo la ruppe. Ne uscì un abito stupendo, leggero e cangiante come il vento. Subito la fanciulla lo scambiò con un'altra giornata da trascorrere con Stanislas.
Questa volta però Katia, che aveva notato il gesto della maga, riuscì a sostituire la magica essenza con dell'acqua. E quando rimase sola con Stanislas questi si ricordò della sorgente, della pelle di lupo e della fanciulla così dolce che egli aveva tanto amato.
- Mio caro - esclamò Katia - finalmente ti ho ritrovato! Così come tu desideravi, ho riempito un paiolo con le mie lacrime e ho calzato scarpe di ferro per raggiungerti.
Stanislas la prese tra le sue braccia e giurò:
- Tu sarai la mia sposa e non ci lasceremo mai più! La maga, furiosa, capì che l'amore aveva trionfato sul suo incantesimo e sparì per sempre portando con sé i tre abiti.
I due giovani si sposarono e vissero felici nel castello che si trova al di là del mare

( favola polacca )














  

venerdì 1 febbraio 2019

GLI SCHERZI CHE CI FANNO I FOLLETTI


Il Mago dice che
Curiosità Modenesi | Perché in duomo c'è uno sgabello detto "del boia" ?

Se non trovate più occhiali, chiavi o orecchini appena posati sul tavolo? Non preoccupatevi, non siete distratti o maldestri: è tutta colpa dei Folletti.
Ormai le nostre menti razionali li hanno dimenticati, eppure per molti  secoli tutta Italia vi ha creduto e ciascuna regione ha il suo, dotato di particolari caratteristiche.
Ad esempio:
  •  i Maget (Valtellina) provocano le valanghe
  • i Mamucca (Messina) e gli Augurielli (Puglia e meridione in genere) nascondono gli oggetti con particolare predilezione per quelli di metallo luccicante,  che sia  prezioso o meno
  • i Mazzamorelli (Macerata) sono i responsabili degli inquietanti scricchiolii delle vecchie case mentre in Calabria i Fajetti, che vivono nei solai e nelle cantine, provocano rumori terribili obbligando gli umani a correre col cuore in gola sul posto – ogni volta inutilmente – per vedere che diavolo sia accaduto.
  • In Alto Adige i Morkies, gelosi dei loro sentieri di montagna percorsi da molti  turisti, prendono la forma di strane radici e rami contorti , e fissano  chi passa con occhi malefici; il tapino, sentendosi improvvisamente a disagio, si allontana rapidissimo togliendosi dai piedi.
  • Molto simili sono i valtellinesi Palendrùns, responsabili di piccoli fastidi agli escursionisti: improvvisi crampi, pruriti, starnuti a raffica ecc.
  •  i Barbanèn (o Cardinalèn perché vestiti  di rosso) della zona di Imola si divertono a creare per terra invisibili ostacoli per far inciampare la gente.
  • Sulle coste triestine il Foléto Marin straccia le vele delle barche; il veneto Gamberetòl anfratta gli attrezzi da lavoro di contadini e giardinieri; il bergamasco Gambastorta sposta le tegole sui tetti mentre il cattivissimo ticinese Encof ostruisce di notte gli scarichi delle stufe per intossicare i dormienti.
  • In Puglia si crede nel Gaguro, un folletto dispettoso che, secondo la credenza popolare, durante la notte si siede sul petto delle persone e non le fa respirare. Chi riesce ad acchiapparlo e gli toglie il cappellino rosso diventa ricchissimo.
  • Nel foggiano viene chiamato Scazzamuredd’. Tradizione vuole che questo folletto sia l’anima di un bambino mai nato. In genere fa dispetti, ma se lo tratti bene e gli fai trovare sempre qualcosa da mangiare, lui ti regala fortuna e denaro. Ma attenta! Non dire mai a nessuno che hai lu scazzamuredd’ in casa, altrimenti la tua fortuna come è venuta svanirà