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domenica 28 giugno 2015

IL BUCANEVE


Il Mago dice che:


Il bucaneve è un fiore bianco che cresce a fine inverno e la sua fioritura è spesso  una delle prime a segnalare l’inizio della primavera, in anticipo rispetto all’equinozio del 21 marzo, per lo più nelle regioni umide delle zone temperate dell’Europa meridionale e dell’Asia sud-occidentale.La  tradizione popolare ha chiamato questo fiore in diversi modi comead esempio :
  • campana della Candelora
  • fiore della purificazione 
  • fiore della Chiesa  perchè spunta intorno  al 2 febbraio che è il giorno  della  Candelora. Gli altari delle Chiese sono addobbati con i bucaneve il 2 febbraio, quando si benedicono le candele come simbolo della luce della speranza per il mondo rappresentata da Gesù.

Nel linguaggio dei fiori, il bucaneve simboleggia la purezza . 
Una vecchia tradizione inglese vuole che non si debba mai portare in casa un Bucaneve altrimenti un membro della famiglia morirà prima che il bucaneve ritorni a fiorire.


















martedì 16 giugno 2015

AUSPICI E PRESAGI


Il Mago dice che:


Le persone che hanno il "dono" lo sanno benissimo: anche se criptici e ovvi, gli auspici sono un linguaggio simbolico che gli Dei e gli appartenenti al mondo ultraterreno utilizzano per comunicare con i comuni  mortali.
Essi si manifestano in ogni modo e forma possibili , manifestandosi in avvenimenti che possono essere percepiti sia nella loro direzionalità che nella loro forma.
La direzionalità si manifesta ad esempio , nel caso di animali, come gli uccelli in volo, oppure di fenomeni naturali, come la direzione o l'origine del vento , la rotazione del fumo o l'avvicinamento di una persona da sinistra pittosto che frontalmente o da destra.
La forma si ha nei casi di fenomeni che sn differenti dalla normalità, come ad esempio le nuvole che disegnano ritratti o oggetti , oppure la nebbia che si manifesta con maggiore o minore densità disegna il simulacro di un ombra , oppure i disegni delle creste di spuma del mare in burrasca.
Riuscire a cogliere il messaggio di un auspicio o un presagio, non è una cosa facile, occorre aver studiato la natura , gli individui e gli oggetti inanimati, per impararne forme e comportamenti , in modo da coglierne le circostanze tipiche ed atipiche : ci sono sempre dei motivi per cui le cose sono come sono , e ci sono sempre dei motivi per cui esse deviano dalla norma.
Una legge della divinazione imprenscindibile nel bagaglio culturale di ogni operatore dell'occulto , è quella che , quanto più un auspicio ricorre , tanto più urgente e definito il messaggio che intende portare.
Sebbene tutto quello che accade possa essere considerato un presagio , non tutto lo è.
L'universo è pieno di segnali , e ad un primo impatto si può essere tentati di esagerare ed etichettare come tutto indicativo del verificarsi un "qualcosa".
Tuttavia un gatto nero può essere, e  normalmente lo è, solo un gatto nero .
E' la concatenazione a dover mettere in allarme , e a far drizzare le antenne...
La parola d'ordine comunque deve essere quella di evitare la paranoia. Cogliere i segni è importante, soprattutto quelli che si presentano nel momento stesso in cui state pensando a qualcosa o state parlando di una determinata cosa .
Con il tempo si impara a perfezionare la capacità di ascoltarli, anche il segnale non è sempre immediatamente chiaro.
Esistono , inoltre , auspici di carattere oblativo che sono talmente fuori dall'ordinario ed il cui significato è difficile da fraintendere .
Si manifestano in maniera spontanea e con una forza improvvisa particolarmente evidente; ad  esempio , se nel pomeriggio stavate pensando al nonno che vi portava in giardino a guardare le lucciole e durante la notte una lucciola entra in camera vostra , potete essere quasi certi che si tratti dell'essenza spirituale del nonno che cerca di comunicarvi qualcosa rafforzando il vostro pensiero pomeridiano.
Vi sono poi auspici che vengono ricercati , domande a cui si vorrebbe sia data una risposta , sono quelli cosidetti imperativi , che presuppongono una interrogazione da parte di un richiedente .













martedì 9 giugno 2015

LA SECCHIA RAPITA


Il Mago dice che:

LA BATTAGLIA DEL 1325 
DELLA SECCHIA RAPITA 



La battaglia che si svolse ai piedi del colle di Zappolino, appena fuori le mura del castello, rappresentò uno dei più grandi scontri campali avvenuti nel medioevo, vi presero  parte circa 35000 fanti e 4000 cavalieri e più di duemila uomini persero la vita sul campo di battaglia.
Lo scontro avvenne a seguito delle annose rivalità esistenti tra Modenesi, di parte ghibellina, e Bolognesi, di parte guelfa. Negli anni precedenti il 1325, vi erano stati diversi episodi che possono essere considerati come prime avvisaglie di quello che fu uno scontro di dimensioni difficilmente immaginabili anche ai giorni nostri.

Nel 1296 i Bolognesi avevano invaso le terre di Bazzano e Savignano, sottraendole di fatto ai Modenesi, grazie anche all'appoggio di Papa Bonifacio VIII. Questi infatti emanò nel 1298 un Lodo con il quale riconosceva il possesso da parte guelfa dei castelli delle suddette località. Il Papa con questa mossa intendeva rafforzare il suo potere sui guelfi, i quali vedevano nei ghibellini di Modena, alleati con l’imperatore, il nemico principale con il quale occorreva risolvere l'antica questione dei confini. D’altra parte Bologna aveva allargato le sue mire territoriali, dovendo fronteggiare il tumultuoso incremento demografico conseguente alla fama della sua università. Ghibellini quindi nemici di Bologna e nemici del Papa. Lotta per le investiture e guerra di confine si mescolarono e portarono a tragici eventi.
 A Modena la situazione era invece leggermente più complicata, difatti, dopo la morte d'Orbizzo d'Este, si era scatenata una lotta per la successione tra i figli. Tra questi riuscì a prevalere Azzo VIII, il quale, non riuscendo ad avere il supporto della nobiltà cittadina, lanciò il guanto di sfida a Bologna, nel tentativo di rafforzare il proprio prestigio. Quest'episodio inasprì gli animi e la guerra lungo il confine diventò ancora più violenta, ma Azzo fù sconfitto. Alla sua morte fu eletto Passerino Bonacolsi, il quale proseguì ed inasprì la politica della guerra.
Nei mesi precedenti la data della battaglia, vi fu un'intensa attività militare sui confini tra Modena e Bologna, nel mese di luglio infatti i bolognesi entrarono nel territorio di Modena e misero al sacco la campagna, nel mese di settembre fu la volta del mantovano e di nuovo della campagna modenese, ma alla fine dello stesso mese i ghibellini conquistarono, grazie ad un tradimento, il castello di Monteveglio, che costituiva un importante baluardo per la difesa di Bologna. Zappolino e il suo castello erano diventati a questo punto l'ultima importante roccaforte a difesa dell’odierno capoluogo emiliano.

Lo scontro avvenne il 15 novembre del 1325 verso il calare del sole e vide schierati circa 30000 fanti e 2000 cavalieri per i Bolognesi, contro 5000 fanti e 2000 cavalieri per i modenesi, molti di questi di provenienza germanica e quindi piuttosto esperti d'arte militare. I Ghibellini erano schierati all'incirca sul pianoro dove oggi sorge l’abitato della Ziribega, mentre i Guelfi si trovavano all'inizio del pendio che dalla Bersagliera sale verso Zappolino, denominato " Prati di Soletto ", tenendo alle loro spalle il castello. I bolognesi non ebbero molto tempo a disposizione per organizzare le truppe, avendole richiamate in tutta fretta da Bazzano e da Ponte Sant' Ambrogio, dove i modenesi le avevano attirate con alcuni stratagemmi; lo scopo era quello di fermare l'avanzata del nemico verso Monteveglio, dove si stava cercando di riconquistare il castello, e probabilmente di difendere la roccaforte di Zappolino. I modenesi, agli ordini di Passerino Bonacolsi, attaccarono, guidati da Azzone Visconti dal Marchese Rinaldo d’Este, i cavalieri delle prime linee bolognesi, mentre la cavalleria di Gangalando Bertucci di Guiglia, attaccò sul fianco, arrivando dalla parte di Oliveto. Alle manovre prese parte anche Muzzarello da Cuzzano, esperto del territorio come Gangalando, nonché signore dell’omonimo castello, situato a poca distanza dal luogo della battaglia. La battaglia fu molto breve, circa un paio d’ore, ma si concluse con la terribile disfatta dell'esercito bolognese, infatti, nonostante la superiorità numerica, le truppe prese di sorpresa dall'attacco laterale, si diedero alla fuga, molti uomini ripararono all'interno del castello di Zappolino, altri in quello di Oliveto, altri ancora, raggiunsero, inseguiti, Bologna e qui trovarono rifugio entrando dalla porta S. Felice. I morti furono più di duemila. I modenesi giunsero fino alle porte di Bologna, distruggendo al loro passaggio i castelli di Crespellano, Zola, Samoggia, Anzola, Castelfranco, Piumazzo e la chiusa del Reno presso Casalecchio, che consentiva, come oggi, la deviazione delle acque del fiume verso la città. Non tentarono però l'assedio della città, ma si limitarono a schernire per alcuni giorni gli sconfitti correndo quattro palii fuori le mura e alla fine tornarono a Modena portando in trofeo una secchia rubata in un pozzo, tuttora esistente sotto un tombino fuori porta S. Felice. A seguito di tale episodio e forse grazie anche al poema del Tassoni che ne narra in chiave eroicomica gli eventi, questo avvenimento è oggi chiamato “La battaglia della secchia rapita”.

Alcuni mesi più tardi, nel gennaio 1326, la pace firmata dalle due parti vide la restituzione dei terreni e dei castelli conquistati dai ghibellini ai bolognesi, probabilmente in cambio di denaro, passato nelle mani di Passerino Bonacolsi.

Il sacrificio di duemila uomini si era quindi rivelato del tutto inutile. Eroi, che senza il vile trattato successivo allo scontro, avrebbero avuto gli onori della storia.

Nonostante uno scontro di tali dimensioni sia stato quasi dimenticato, forse per non aver sortito effetti storico – politici di rilievo, il ricordo della tragedia restò vivo negli animi degli sconfitti per diverso tempo. Antonio Beccari, poeta girovago che aveva vissuto alla corte degli Oleggio, diversi anni più tardi citò infatti lo scontro di Zappolino in una sua rima, dove egli cantava la crudeltà e la perfidia dell’animo umano.









  

giovedì 4 giugno 2015

RIMEDI CONTRO LE MOSCHE


Il Mago dice che:


Se durante i mesi caldi dell'anno,  le mosche , diventano  un vero e proprio fastidio, in particolare mentre state mangiando  o durante il riposino pomeridiano , provate a tenerle lontane dalle stanze della casa utilizzando dei rimedi naturali.
Cercate di  abolire l'uso  di insetticidi spray, pericolosiper la salute , vostra e  dei bambini, e provate a sostituirli con dei rimedi naturali . 

Di seguito elencherò alcuni rimedi naturali e alcuni un po bizzarri ma sono assolutamente efficaci , provare per credere :


  • Per liberare una stanza dalle mosche , bisogna chiudere le imposte , si fa buio per 10 minuti, poi bisogna fare entrare un raggio di  sole aprendo un po la finestra . Le mosche ,  che amano la luce , se ne andranno tutte per quell'uscita.
  • Fate macerare in un barattolo con dell'aceto alcune foglie di menta fresca per una settimana , diluite poi in acqua la soluzione  ottenuta espruzzatela con uno spruzzatore acquistabile al supermercato ,  nelle stanze al fine di  spargere il  profumo della soluzione ottenuta ,  non amato dalle mosche.
  • Anche l'odore dei chiodi di garofano non è sopportato dalle mosche, specialmente se accompagnato dal profumo di limone. Posizionate in vari punti della casa , delle ciotoline con spicchi di limone, nella cui buccia inserirete qualche chiodo di garofano.
  • Tra le piante considerate in grado di allontanare le mosche c'è il basilico. Provate a tenerne un vaso sul davanzale della finestra da cui gli insetti preferiscono entrare. Solitamente si tratta della finestra della cucina, sia perché in estate viene tenuta aperta più spesso, sia perché le mosche possono essere attirare dagli odori degli alimenti. Detestano però il profumo del basilico, dal quale preferirebbero tenersi dunque alla larga.
  • Esiste   un numero magico per scacciare le mosche , questo numero è il 58, bisogna scriverlo in nero su di un foglio bianco e appeso ad un muro  della stanza dove  ci sono le mosche , se volete potete  anche inserirlo in una conice ,il "58" allontana mosche e zanzare, che scambiano quel numero per una ragnatela e si allontanano».
     
58










lunedì 1 giugno 2015

COME GUSTARE IL #CAFFE'


Il Mago dice che:

Al giorno d'oggi bere il caffè è diventato un vero e proprio rito , i veri estimatori del caffe in Italia  , sono i napoletani , i quali, ne  hanno fatto un vero e proprio culto , tanto da elaborare varie tecniche e trucchetti  casalinghi e non, per fare un caffe speciale ( ognuno ha il suo segreto).
Nella tradizione italiana, riguardo alla degustazione, esistono essenzialmente due tendenze di pensiero, la “napoletana” e la “palermitana“.
La napoletana dice che bisogna bere prima del caffè un bicchiere di acqua, per pulire la bocca e assaporare appieno l’aroma; la palermitana invece prevede il bicchiere di acqua dopo il caffè, in modo da pulire la bocca dal sapore un pò aspro che lascia il caffè .
Il caffè arriva dall'Oriente: fu infatti scoperto dagli arabi, che lo diffusero in tutti i terre da loro conquistate.
 La prima "bottega del caffè" d'Europa venne inaugurata  a Venezia nel 1640, seguita poco dopo da Parigi, dove il siciliano Francesco Procopio de' Coltelli fondò nel 1660 il celebre Caffè "Procope", destinato a diventare la culla dell'Illuminismo.
In ogni caso per gustare pienamente un buon caffè , bisogna essere in sintonia con le 3 C : 
  • CALDO

  • COMODO 

  • CHIACCHIERATO


Vale a dire: 

  • APPENA FATTO

  • COMODAMENTE SEDUTI

  • RILASSATI E IN BUONA COMPAGNIA

O caffè, tu dispensi i tuoi benefici, tu sei la bevanda degli amici di Dio, tu doni la salute a coloro che si affaticano per
raggiungere la saggezza.Solo l'uomo buono, che beve il caffè, conosce la verità.Il caffè è il nostro Dio: laddove viene
servito, si gioisce della società dei migliori tra gli uomini.Che Dio voglia che i calunniatori ostinati di questa bevanda
possano non berla mai.
[Abd El-Kader]


BUON CAFFE' A TUTTI !

Una volta a napoli

quando si prendeva un caffe al bar

ed era particolarmente allegro, 

invece di 1 ne pagava 2,

il secondo era per il cliente successivo.

Ogni tanto po, c'era qualcuno
che si affacciava al bar

e chiedeva se c'era un "caffe sospeso".

Insomma era un caffè offerto all'umanità.

Anche io oggi vorrei lasciare 

un caffe sospeso per......


Di Luciano De Crescenzo


Se volete lasciate una dedica o

scrivete anche soltanto il vostro nome 
per segnalare il vostro passaggio qui ....